domenica 30 agosto 2009

Mario Bava goes to HK: Human Lanterns di Chung Sun (HK/1982)

Human Lanterns non è certo un capolavoro, ma rappresenta alla perfezione un certo modo di intendere il cinema tipico dell’ex colonia inglese. Incrociare il cinema di arti marziali (qui nell’accezione di wuxia, quindi più vicino al fantasy che allo scontro nudo e crudo) con un’estetica e una trama direttamente debitrice del gotico di Mario Bava non è certo cosa da tutti i giorni. Oltre che rappresentare l’ennesima prova di quanto il nostro cinema abbia influito sulla poetica di Hong Kong: la menomazione dell’eroe e la violenza esasperata dello Spadaccino Monco non possono che essere mutuate direttamente dal Django corbucciano, mentre il grande Mario fa capolino in più pellicole (dalle sperimentazioni di The Butterfly Murders agli psicotronici eccessi pop del mai troppo celebrato The Super Inframan, a cui spero di dedicare un articolo il più presto possibile). Poi io, a titolo del tutto personale, rimango dell’idea che John Woo si sia pesantemente inspirato al Tempo di Massacro fulciano per la mezz’ora finale di A Better Tomorrow 2.



Detto questo si torni a Human Lanterns, che pur non peccando di eccessi exploitation rimane lontano anni luce da autentici gioielli dello splatter magic come Devil Fetus, Bewitched, Seeding of a Ghost o The Seventh Curse (tutti da recuperare a ogni costo, per ricordarsi cosa significasse sense of wonder prima dell’avvento digitale) preferendogli una trama tipicamente wuxia (intrighi & vendette) virata però in chiave horror. Detto in due parole: c’è un tizio che costruisce lanterne di pelle umana mentre i due signorotti del paese non perdono occasione per mettersi in competizione uno contro l’altro.



Quello che colpisce è l’estrema eleganza e ricercatezza della messa in scena, tanto caratterizzata da sembrare quasi un esercizio teorico sugli stilemi del gotico all’italiana. Luci colorate, esterni ricostruiti in teatro di posa, fumo come se piovesse, scenografie sospese tra la favola nera e il claustrofobico. I sotterranei del mulino rimangono uno dei punti più alti dell’immaginario Shaw Brothers, all’altezza delle plumbee scenografie di Eight Diagram Pole Fighter. Arricchisce il tutto un uso della steady che non può che ricordare quello straordinario connubio a distanza tra Sam Raimi e il suo gemello/maestro/discepolo Siu Tung Ching (anche se questo esordirà solo nel 1983).



Come ho già detto: non un capolavoro, ma una perla rimasta per troppo tempo nascosta. Il nuovo master Celestial ha dell’incredibile (anche se leggermente cut), e ci restituisce alla perfezione tutta la cura e l’arte riposte nella messa in scena. Autentica protagonista dei 94 minuti di questo wuxia in salsa gotica.




4 commenti:

Unknown ha detto...

[The P.A.L.E. 2009 è qualcosa di incantevole!!
complimenti a tuttiii]

neb

MA! ha detto...

Grazie mille. Non sai cosa voglia dire questo per noi!

Unknown ha detto...

benee,
meglio così!!
dateci dentroooo ;)

Faust VIII ha detto...

Sono un po' impreparato sui film di HK, l'unico che ho visto è stato "A Chinese Ghost Story"...