lunedì 30 giugno 2008

La Notte Non Aspetta di David Ayer (US/2008)


La Notte Non Aspetta è quello che succede quando l’industria del cinema americano si ricorda di aver prodotto buona parte dell’immaginario degli ultimi 50 anni (e considerate che lo dice uno con il santino di Chow Yun Fat nel portafoglio e la locandina originale di Django appesa sopra il letto dove ogni notte dorme con la sua compagna). E ci voleva un grande vecchio del noir a ricordarglielo. James Ellroy esordisce come sceneggiatore dopo aver fornito soggetti e ispirazione a tutto quello che puzza di corruzione, pornografia e alcool uscito negli ultimi vent’anni dagli Stati Uniti.



Il suo primo parto non brilla certo per originalità, ricollegandosi senza mezzi termini all’abusato filone del poliziotto dai metodi dubbi e dal passato devastato contro la corruzione nel distretto, ma è il come ad attirare l’attenzione. La Notte Non Aspetta è teso, sporco e sgradevole. Una fotografia che unisce la saturazione del neon con un nero livido e senza fondo, movimenti di macchina che paiono la versione imbottita di benzedrina del Michael Mann di Miami Vice e Collateral, una colonna sonora che passa da una sorta di hip hop infernale (prossimo alla sperimentazione industrial, martellante e distorto fino all’eccesso) a tetre partiture per archi. E poi la violenza. Sparatorie secche, devastanti, di un realismo esasperato ed esasperante. E per una volta un prodotto US ci fa dimenticare le brutture di un Bay qualsiasi, tutta la rabbia incanalata buttando tempo in Die Hard fatti di pixel e Bourne senz’anima esplode come una raffica di AK nel ghetto. Per questo un grazie di cuore al regista David Ayer, per il suo senso vertiginoso del ritmo, per aver compresso in 109 minuti una vicenda da cui altri avrebbero tratto una trilogia, per gli schizzi di sangue e materia grigia, le zoomate exploitation e le steady impazzite, per le gru e i dolly vertiginosi, mai gratuiti. Grazie per averci riportato al cinema.


A livello di sceneggiatura è come se ci si stesse leggendo un libro di Ellroy, con tutti i suoi pro e i suoi contro. Contro perché si sa già cosa si andrà a trovare, a partire dallo stesso protagonista. Alcolizzato, violento, razzista. Punisce i criminali più per rabbia e per amore della violenza che per vero senso di giustizia, vive immerso in un fiume senza fine di sporcizia e corruzione senza aver la voglia di rendersene conto. Come sempre non esistono i buoni, ma solo sfumature di male. Nello stesso modo la vicenda stessa segue l’andamento tipico di ogni romanzo dell’autore di Los Angeles, aprendosi a ventaglio di passaggio in passaggio, affastellando misteri, morti e squarci di grottesco fino allo sconsolante finale. Di pro c’è che sono clichès di Ellroy, non di un anonimo sceneggiatore diventato miliardario a suon di Transformers e remake di jhorror.



Le città statunitensi tornano così a essere palcoscenici per poliziotti oltre le regole, le strade lerce di sangue e droga, la politica venduta al miglior offerente. Speriamo che anche il cinema torni duro come un cazzotto in pieno volto.

domenica 29 giugno 2008

Anthony Lister, i supereroi non sono mai stati così brutti.



Come mettere Bacon a dipingere la quarta serie degli Ultimate. Questa è l'arte del fenomenale Anthony Lister. Decisamente inquietante. E rappresentativo dei nostri tempi.

venerdì 27 giugno 2008

Heavy Metal in Baghdad

Avete 20 anni, abitate a Baghdad e sparare a gente ancora viva non è il vostro hobby preferito. Come occupate il vostro tempo? Semplicemente suonando heavy metal!


Ancora una volta un' espressione di presunta sottocultura diventa strumento di libertà ed espressione, un urlo in faccia chi vorrebbe privare innocenti della loro dignità in virtù di ineluttabili forze maggiori.


I ragazzi della Vice Film hanno permesso la realizzazione di questo documentario, esperimento unico e importantissimo di come la libertà abbia ogni giorno una nuova faccia. Basta crederci fino in fondo.


Sperando che una testimonianza del genere possa arrivare anche in Italia (ma probabilmente i giovani protagonisti non sarebbero più eroi del quotidiano ma fascisti e satanisti, perchè comunque si parla di metallari), beccatevi il link al sito e al trailer.

giovedì 26 giugno 2008

The Girls Rebel Force Of Competitive Swimmers di Kôji Kawano (2007)

The Girls Rebel Force Of Competitive Swimmers non è che un film mediocre, concepito per arrivare agli spettatori direttamente in video. Proprio come i tanti prodotti sospesi tra horror e sexploitation che invadono quasi quotidianamente il mercato nipponico, ripagandosi il basso budget investito nelle riprese puntando unicamente sul mercato interno. E proprio qui sta il punto di ri(n)voluzione.



Come già precedentemente espresso pare che ultimamente si stia identificando come tipico prodotto della cinematografia del Sol Levante uno sterile pastone composto da suggestioni baracconesche dal vago retrogusto fumettistico ed emoglobina a litri. Nulla di più lontano dalla verità. E, forse, nulla di più offensivo nei confronti di una cultura del cinema che ha sempre saputo alternare eleganza, ricerca e senso del bizzarro.



Quello che manca a tutti i Meatball Machine e Machine Girl del mondo è quella sincerità e quella totale mancanza di ipocrisie che fecero grande un certo cinema che fu. Senza allontanarsi troppo dalla nostra nazione era lo stesso Aristide Massacesi, Signore incontrastato del bizzarro in suolo italico, a ribadire spesso questo concetto. Non a caso se si dovesse scegliere un cineasta nostrano da affiancare a certi estremismi tipici dell’eroguru la scelta ricadrebbe senza ombra di dubbio proprio sul Nostro.



Tornando a The Girls Rebel Force Of Competitive Swimmers è opportuno affermare che il confronto con capisaldi del sex’n’violence al livello di Violated Angel, autentico capolavoro diretto da Koji Wakamatsu nel 1967, o dei picchi più alti del folle Teruo Ishii è improponibile. Qui siamo dalle parti dello zombie movie ad ambientazione liceale, per 78 minuti di pellicola farciti da frattaglie, erotismo molto spinto e recitazione fuori da ogni canone di valutazione. Fotografia ricercata (il punto più tecnicamente alto dell’insieme) e una manciata di soluzioni narrative accattivanti non bastano a elevare il film in questione a cult o comunque must see. Quello che fa la differenza e che rende interessante quest’accozzaglia di adolescenti nude e motoseghe è la miopia verso l’estero, l’identità cristallina di una pellicola (pardon, un video) nata e concepita per l’otaku e il voyeur nipponico, non per il nerd statunitense o europeo (e infatti tutte le altre pellicole contemporanee trattate nell’articolo sono coprodotte dall’americana Media Blaster, questa no). Comprensibile che l’hype intorno a The Girls Rebel Force Of Competitive Swimmers sia stato di molto inferiore a ragazze mitragliatrici e alieni splatter. Il fattore sesso gioca un ruolo decisivo in questa strategia, ponendosi come ingrediente indigesto per il puritano (ma fintamente trasgressivo) scenario occidentale. Detto in altre parole, allo spettatore horror occidentale piace il sangue a fiumi, ma appena vede una figa abbassa lo sguardo e smette di fare lo smargiasso.



In qualunque caso pollice su per le magnifiche tette della protagonista, al vento con una frequenza che pare fare gara con il pube della Gemser in Emanuelle. Anche se non siete giapponesi.

mercoledì 25 giugno 2008

lunedì 23 giugno 2008

Ausonia's Serious Toys, maneggiare con cura


Ausonia’s Serious Toys avrebbe potuto essere perfetto. Una staffilata al calor bianco, travestita da colorato e invitante balocco, che manca di un’inezia il suo bersaglio proprio per un eccesso di quello che troviamo alla sua base: troppo livore e passione annebbiano la vista e fanno perdere la lucidità nel momento dell’attacco a testa bassa. E Ausonia’s Serious Toys non è altro che un’ aggressione guidata da un eccesso di sincerità, a scapito di cinismo e distacco. Troppo cuore, quando per scrivere un’opera del genere lo si dovrebbe lasciare in un’altra stanza.



A livello di linguaggio e soluzioni stilistiche siamo a un livello stellare, sfruttando una stasi e un tratto che fanno loro la filosofia superflat di Takashi Murakami cosi come la moda per i toys d’autore resi celebri da KidRobot e MyPlasticHeart. Una sorta di kawaii repellente e offensivo, dove occhioni lucidi e sorrisini accattivanti lasciano spazio a espressioni beote e vuote. Nessun tipo di mostriciattolo cariiiino, ma solamente insetti giganti, predi pedofili e pompinare di professione.



L’unico difetto sono proprio gli occasionali scivoloni nella banalità (un esempio su tutti la figura della velina/starlette/puttana) che vanno a cozzare con la raffinata atmosfera da apocalisse imminente ricreata con suggestive scelte narrative. Si noti che con banalità non si intendono luoghi comuni sconfinanti nella leggenda metropolitana, ma semplicemente aspetti della nostra realtà talmente bassi e triviali che avrebbero necessitato di un trattamento meno di pancia e più da gelido chirurgo forense (trattandosi di necrosi sul vasto tessuto della civiltà occidentale).



Nessuna gag a effetto, ma una telecamera impietosa sui pupazzi che popolano i nostri tempi dunque. Un fumetto umoristico che non fa ridere ma che nausea, e di questo se ne compiace. Con la consapevolezza che avrebbe potuto fare VERAMENTE male.



Qui il link al blog del progetto.

domenica 22 giugno 2008

[pubblicità creativa] Condemned, il massacro continua.



Dopo il magnifico viral continua la campagna di comunicazione per Condemned. Sempre più cinica e spietata.

[trailer] Susuk di Naeim Ghalili e Amir Muhammad (Malesia/2008)



Nuova follia dalla Malesia. Susuk viene annunciato dal 2006 ma riesce a vedere la luce solamente oggi, pare per problemi di censura. Comunque sia abbiamo di fronte un bel pastone tra black magic movie, slasher ed effetti speciali very cheap. Cosa chiedere di più?

martedì 17 giugno 2008

[trailer] Ong Bak 2, il più grande film della storia dell'umanità



Ci voleva il cinema thailandese e l'esordio del disumano Tony Jaa (Ong Bak, The Protector) alla regia per esaltarmi come non mi succedeva dai tempi remoti della mia prima visione di Duel To the Death . Non vedo letteralmente l'ora.

lunedì 16 giugno 2008

Billy Wild di Ceka & Griffon: western horror dalla Francia

Sembra proprio che il trend del momento sia il connubio western/horror. Prima con l’italiano “Ucciderò ancora Billy the Kid” nato dalle menti di Roberto Recchioni e Riccardo Burchielli, coadiuvati da un manipolo di formidabili disegnatori, tutti rigorosamente di provenienza italiota. Poi la pubblicazione nel nostro paese del romanzo di Joe R. Lansdale “La morte ci sfida” oltre che i primi trailer del nuovo film di Wesley Snipes “Gallowwalker”. E, infine, da poche settimane anche la 001 contribuisce al mucchio selvaggio con la traduzione del francese “Billy Wild”. Anche se, a dirla tutta, l’idea di una tale commistione non brilla certo per originalità, potendo trovare il primo esempio di un simile crossover addirittura nello storico Zombie 2 di Lucio Fulci (1979) o, in maniera meno esplicita, in tutto il cinema di John Carpenter.

“Billy Wild” pare comunque orientarsi più alle raffinatezze del gotico piuttosto che alla fisicità di zombie e splatter, vestendo i panni di un racconto onirico che ha molto poco del polveroso mondo di Sergio Leone, preferendogli una concezione di favola nera che deve molto agli esperimenti in plastilina di Tim Burton. La narrazione evita di scimmiottare in maniera goffa e impersonale certe smargiassate e scorrettezze che tanto hanno contribuito alla diffusione degli spaghetti western nel mondo, imperniandosi piuttosto sui monologhi interiori del protagonista, divisi tra interrogativi presenti e flashback su di un passato oscuro.

L’esecuzione rimane comunque impeccabile, forte di una sceneggiatura che si diverte a disseminare misteri e colpi bassi e di una controparte grafica dalla personalità più che spiccata. L’assenza di mezzi toni, l’abbondanza di particolari e la scelta di deformare in maniera grottesca ogni anatomia sono le armi vincenti di Griffon, capace di leggere tra le righe dello script di Ceka e di fondere in pieno la propria arte con la narrazione. Ed è proprio questo che colpisce maggiormente del fumetto: la completa aderenza tra parola scritta e tratto grafico, come se si trattasse di una sola persona e non di una copia di autori. Nasce così un microcosmo di fantasia dotato di un’identità forte e definita, credibile e compatto nella sua visionarietà apocalittica. E considerando il fatto che si parla di pistoleri immortali non mi pare poco.

001 Edizioni, 2008 - Fuori serie
cm. 17x24, pp. 112, bianco e nero, brossura rilegata

Euro 12,50
ISBN 978-88-95208-47-3
EAN 978-88-95208-47-3
Disponibile: aprile 2008

domenica 15 giugno 2008

[pubblicità creativa] Forse è meglio se la Carlsberg ti limiti a berla



Quando il viral marketing prende per il culo il viral marketing.

Ninja Gaiden per Nintendo DS


Qui lo potete trovare in pre order a zero spese di spedizione. Quello che vede sopra è l'esclusivo stilo che userete per debellare camionate di nemici. Sotto un simpatico video che ne illustra il gameplay.



Direi che ogni altro commento a questo nuovo Ninja Gaiden mi pare inutile.

sabato 14 giugno 2008

[trailer] Mirrors di Alexandre Aja (US/2008)


Nuovo remake da un'idea orientale, fatto con i soldi americani e diretto da un regista europeo. Viva la globalizzazione.

L'originale Into The Mirror (Geoul Sokeuro) risale al 2003 e viene dalla Corea del Sud. Nell' opera di Sung Ho Kim si parla di un poliziotto dal passato oscuro indagare su di una serie di omicidi legati a uno specchio, in una spirale di tensione tipica del thriller soprannaturale. Pare però che Aja abbia ricondotto il tutto in chiave decisamente più survival e sanguigna, abbondando come al solito con splatter & gore. Sarà, ma io mi preferivo il remake Piranha 3D (comunque sulla lista delle cose da fare del francese).

giovedì 12 giugno 2008

[oldiest but goldiest] Bewitched di Chih-Hung Kwei (Hong Kong/1981)

Bewitched è uno di quei film che ti fanno capire il perché del luogo comune “talmente brutto da essere bello”. Non una gemma preziosa a livello di autentici Quarto Potere del latex come Seeding Of A Ghost o The Seventh Curse, ma un buon prodotto capace comunque di alcuni colpi di genio impossibili da trascurare per tutti gli amanti del bizzarro cinematografico.


Il film parte a 300 all’ora, riassumendo in cinque/sei minuti (cronometrati) abbastanza narrazione da farcirci un intero plot convenzionale. In un lasso di tempo ridicolo troviamo compresso tutto il canonico iter “ritrovamento cadavere-indagine-arresto-processo”, concludendo sul racconto dell’assassino, frangente dove ci viene illustrato il vero incipit della vicenda.

Durante una vacanza in Thailandia Fei Ai seduce una giovane stenografa, promettendole un futuro d’amore. Naturalmente il Nostro eroe punta solo a del sesso occasionale, prendendo l’occasione del ritorno a Hong Kong per lasciarsi l’avventura alle spalle. Nulla di speciale, se non fosse che la povera amante, sedotta e poi abbandonata, non decide di usufruire dei servigi di un potente mago nero per poter consumare la sua vendetta.

A questo punto il film diventa una sorta di mockumentario sulla magia nera nel sud est asiatico, con tanto di didascalie e descrizione minuziosa di ogni passaggio nella realizzazione dei vari sortilegi. Lo stile del regista Gwai Chi Hung
passa da forsennato a documentaristico, con un cambio di ritmo da antologia. Il plot si annulla, e ci ricorda di essere davanti a un’opera di narrazione solamente in prossimità del delirante scontro finale, con il solito monaco buddista nell’angolo del bene e il mago thailandese nell’angolo del male (anche se la tipa avrebbe tutte le ragioni di essere incazzata nera per essere stata trattata alla stregua di una prostituta. Ma si sa che la misoginia nell’exploitation tira sempre…) Il film rischia a ogni fotogramma di collassare su se stesso, ma viene salvato da una serie di trovate capaci di strapparci nel medesimo tempo un sorriso (per l’ingenuità) e una smorfia schifata (per l’oggettivo pessimo gusto): assistiamo così a infanticidi con tanto di chiodo da 20 cm piantato in testa a una creatura di cinque anni, cadaveri di donne incinta spillati come se si trattasse di fusti da birra, pipistrelli dorati in pura gommapiuma che prendono vita, duelli mentali dalle conseguenza piuttosto fisiche, rallenty su tette al vento e baffi mostruosamente anni ’80.

Conclusione da storia del cinema con un cartello che ci avvisa dei rischi del sesso promiscuo, nonostante alla fine il bene trionfi sempre sul male. Meraviglioso.

mercoledì 11 giugno 2008

[label] Baskat Records, intelligenza al potere

Dove la trovare un etichetta capace di passare dal grind sintetico all'elettronica minimale passando per il brutal death new school (meno Cannibal Corpse, più Despised Icon)? In sole cinque releases, tra l'altro? Molto semplicemente, in Germania. Qui il link a un mio micro speciale sul miracolo in questione, sperando che alla Baskat Records i neuroni abbiano la meglio sugli euri ancora a lungo.

Immancabile anche la paginetta Myspace. Enjoy!

martedì 10 giugno 2008

Nuovo horror a fumetti: Giada e il ritorno di Satana.


A ogni uscita come autore completo Maurizio Rosenzweig non fa che confermare il suo status contradditorio e sfuggente, come ne abbiamo avuto prova sia su John Doe numero 60 che su questo primo speciale dedicato al neonato Giada.

Stilisticamente e concettualmente la poetica del nostro potrebbe essere paragonata a un bigino della rivista inglese 2000 AD imbevuto nell’acido lisergico, senza fantascienza ma con un surplus di follia visionaria a coprirne i buchi. Un amore sconfinato per la cultura pop e per l’assurdo che ne glorifica ogni giorno la valenza plastica ed evanescente, la capacità di unire Andy Warhol e le fanzine fotocopiate. Il fumetto ricondotto alla sua origine caustica e sgradevole, un ammasso di poltiglia informe nel retro di qualche supermercato piuttosto che un patinato espositore nella vetrina in centro. Con la medesima furia iconoclasta con cui le provocazioni politiche e i continui riferimenti di 2000 AD a una sorta di mitologia moderna si rapportano all’ennesimo megaevento targato Marvel (piuttosto che DC), Maurizio racchiude in una manciata di paginette il cliché del metallaro anni ’80, Sponge Bob, Satana, sangue a fiumi e frivolezze adolescenziali. Il tratto del nostro è l’estensione perfetta del suo immaginario, stipando le tavole fino a renderle quasi incomprensibili, alternando tratti, stili e umori con una potenza e una foga da bomba termonucleare. E in questo l’autore della scuderia Arcadia pare essere irraggiungibile dal resto dei fumettari d’Italia.

Peccato che a un simile tour de force iconografico venga affiancata una sceneggiatura che paga troppo spesso le sue ingenuità (proprio come nel numero di John Doe curato dal Nostro). Ritrovare Satana assorto nella visione di uno show della nostra spugna di mare preferita è un momento meraviglioso, sospeso tra kitsch e camp, un picco di genialità che va a stridere con un monologo secolarizzante che, in tutta onestà, abbiamo già sentito troppe volte (non che abbia qualcosa contro chi vuole secolarizzare quel cancro chiamato religione). E fa ancora più male pensare che a un simile scivolone si affianchi un intuizione brillante come quella di lasciare (solo un apparenza) sullo sfondo la vera protagonista della vicenda. Peccati veniali che non riescono comunque ad affondare l’insieme, meritevole d’attenzione da parte di chiunque ami il fumetto trasversale (genere/autore, alto/basso).

Come al solito un plauso enorme alle Edizioni Arcadia per la cura e la passione riposti in ognuno dei suoi prodotti.




lunedì 9 giugno 2008

[trailer]Dalla Russia con amore (?): Domovoy & Antikiller 3

Continua l' inarrestabile ascesa del nuovo cinema sovietico. Dopo la gemma Mechenosets ecco altri due titoli da tenere d'occhio: Domovoy e Antikiller 3.





Piccolo P.S. personale e completamente O.T.: stasera mi sono rivisto Exiled (2006) di Johnnie To. Ancora una volta mi sono ritrovato a chiedermi quanto ci vorrà prima che il mondo si renda conto del valore di questo film. Non il migliore noir degli ultimi 15 anni, ma il miglior prodotto cinematografico in assoluto. Per regia, fotografia, montaggio e sceneggiatura. Il film totale.

domenica 8 giugno 2008

The Girl Effect



Qui il sito. E se una cosa così non vi fa muovere il culo (o per lo meno non vi fa sentire in colpa per non averlo ancora fatto) allora qualcosa in voi non va. Seriamente.



E' da stupidi non pensare che sia tutta una mossa di marketing, sopratutto sapendo che dietro c'è la Nike. Ma per una volta è il caso di fregarsene, di sospendere giudizi sulle modalità di comunicazone, sul virale e su tutta una serie di aspetti che da un momento all'altro passano da pregnanti a senza alcun senso.

Per una volta sarebbe meglio farsi influenzare, senza tante seghe mentali.

venerdì 6 giugno 2008

[oldiest but goldiest] Death Note di Kaneko Shusuke (Giappone/2006)

Death Note è, prima di tutto, un fenomeno di costume. Da manga ad anime, fino a live action. Raccogliendo in qualsiasi campo un seguito di pubblico enorme e senza mai perdere (al massimo limando) la sua natura profondamente amorale.

Light è un ragazzo idealista, con un quoziente intellettivo esorbitante e dalla popolarità scolastica indiscussa. Sogna di studiare da ufficiale e di diventare come suo padre, pezzo grosso della polizia di Tokyo. Non riesce però a frenare la sua sete di giustizia, e finisce così per forzare il database delle forze dell’ordine. Scopre un numero enorme di delitti non puniti, tutti per mancanza di prove, nonostante l’identità degli criminali sia chiara a tutti. Decide così di muoversi per conto suo, improvvisandosi vigilante con risultati disastrosi. Tutto cambia quando trova un taccuino capace di determinare gli ultimi istanti di vita di chiunque. E’ la nascita di Kira, amorale vendicatore, amato dalla gente ma braccato dalle forze dell’ordine. Intenzionate a punire la sua attitudine alla giustizia sommaria con la pena di morte.

Cinematograficamente nullo, più vicino a una serie televisiva che a un’opera destinata al grande schermo, Death Note si salva in corner grazie a un aspetto inaspettato: l’intelligenza e la freddezza dei suoi personaggi. Se in un film standard troppo spesso ci si sorprende a inveire contro la stupidità e l’istintività delle scelte che determinano il dipanarsi della trama, in questo caso ci si deve impegnare sul serio per stare dietro ai ragionamenti e alle intuizioni di Light e comprimari. E, sorpresa sempre più gradita, tutto torna. Se si considera che si sta parlando di un film dove un taccuino decide la morte istantanea di chiunque il possessore desideri, di spiriti della morte ghiotti di mele e dall’aspetto tra il punk e il gotico, di investigatori adolescenti che si nutrono unicamente di dolciumi senza mai prendere contatto diretto con il mondo esterno, non mi sembra poco. Il regista Kaneko Shusuke si affida completamente a una sceneggiatura che quasi irrita per la perizia con cui tappa i suoi buchi e a un immaginario mutuato completamente dalle precedenti versioni (si veda, appunto, come viene rappresentato lo spirito guida di Light), non riuscendo così a emergere dalla massa dei mestieranti.

Peccato, perché gli spunti erano decisamente notevoli. La natura amorale del protagonista, la sua evoluzione da vigilante a messia di un nuovo ordine mondiale fino al deragliamento di ogni buona intuizione, poteva essere approfondita e sezionata, così come la popolarità acquista dal suo alter ego Kira grazie a chat e siti internet. Un plot che sulla carta parrebbe più adatto a un fine analista sociale come Kenta Fukasaku, che già aveva dato modo di capire perfettamente la comunicazione e la filosofia degli adolescenti giapponesi con l’imperfetto Yo Yo Girl Cop.

Un opera dalle potenzialità infinite, capace di riflettere sulla fascinazione del male e sulla sua relatività, ridotta a raffinato giallo dalle forti tinte fantasy.


giovedì 5 giugno 2008

mercoledì 4 giugno 2008

Guillaume Bresson: quando Fight Club diventa arte

Qui il sito di questo fenomenale artista francese. Guillaume Bresson pare interessato unicamente alla violenza urbana, dalle semplici risse agli scontri da stadio, riescendo nella miracolosa impresa di restituercela come grigio e sgraziato balletto di pura rabbia, sul palcoscenico di una finta civiltà illuminato dai riflettori della regressione. Mica cazzi!