domenica 23 settembre 2012

A casa!


Finalmente a casa dopo la consueta trasferta parigina di metà settembre. Nei prossimi giorni sarà dura che abbia qualcosa da dire visto quanto sono rimasto indietro con il lavoro, così per ora vi re-indirizzo (in ritardissimo) al mio umile contributo per il mese del ragno su Conversazioni sul Fumetto. Un piccolo omaggio a un numero di questa testata, magari non memorabile ma a modo suo fondamentale.

mercoledì 12 settembre 2012

Perché I Guardiani della Galassia di Gunn sarà una gran figata



Lo ammetto. Quando il primo concept per I Guardiani della Galassia è stato rivelato al pubblico gli occhi mi sono saltati dalle orbite. Non riuscivo a credere a quello che stavo vedendo. L’interesse per quella che sembrerebbe la più sconclusionata impresa cinematografica degli ultimi 20 anni è schizzato a mille. Eppure solo ora, con la conferma di James Gunn in cabina di regia, i ragazzi dei Marvel Studio sono riusciti ad avere VERAMENTE tutta la mia attenzione. Le motivazioni sono molte, tanto vale procedere per punti: 

1) Gunn ha scritto due dei Troma-movie più belli, intelligenti e urticanti di sempre. Si parla del mitico Tromeo & Juliet e di Terror Firmer. Opera che in un mondo più giusto avrebbe chiuso del tutto il capitolo meta-cinema.

2) subito dopo gli exploit tromeschi è passato a scrivere sceneggiature per Hollywood. Robe che hanno fatto incassare un sacco di soldi nonostante le premesse impossibili (si parla di due Scooby Doo e del remake di Dawn of the Dead aka Zombi).

3) ha sfruttato la fama e il potere acquisiti per dirigere Slither, il film di fantascienza gommosa più bello degli ultimi lustri.

4) successivamente è passato (sceneggiatura + regia) a Super, che è come Kick-Ass ma molto meglio e con un finale nero come la pece. Alla faccia di un sacco di gente che se lo è visto con i paraocchi.

5) oltre a tutte queste robette appena elencate Gunn ha lavorato a un sacco di altra roba (serie per il web, videogiochi,....). E in qualsiasi caso è riuscito a rendere tutto divertente, anche quando doveva colpire bassissimo.

6) come se il suo curriculum non bastasse, alla sceneggiatura dei Difensori sta lavorando l’esordiente Chris McCoy. Classe 1981, già tre volte nella Black List di Hollywood (la Black List è una classifica dove finiscono tutti i migliori script rimasti senza produzione, quasi sempre perché effettivamente belli e quindi poco adatti ai multisala).

7) si tratta di un film che si intitola I Guardiani della Galassia. Non riesco a immaginare nulla di più potente, evocativo e al contempo meravigliosamente infantile.

8) I Guardiani della Galassia è una delle serie più improbabili (e genuinamente divertenti, visto il sottile humor che ne contraddistingue ogni pagina) fra tutte quelle ambientate in un universo popolato da gente che se ne va a zonzo in calzamaglia.

9) la formazione di questo supergruppo può vantare: un procione antropomorfo dal grilletto facile, una pianta senziente, un paio di guerrieri cosmici, il clone di Kratos e un cane telepate a coordinare il tutto. Immagino già il fumo uscire dalle orecchie del robottino Nolan.

10) la space-opera di stampo favolistico non sbaglia mai. O te ne esci con un capolavoro o con uno scult da videocassetta. Uno di quelli che devi recuperare a ogni costo e si guadagnano un’aura di mito con il passare degli anni. Questo perché si parla di un genere così campato per aria che è durissima lasciare indifferenti (tranne Il Quinto Elemento, ma Besson è talmente cane che può riuscire in tutto). Quindi vinci sempre.

11) per troppo tempo nessuno si era buttato in un'impresa così cinematograficamente disperata. Andiamo, quando è stata l’ultima volta che vi siete chiesti “Come diavolo faranno a farlo?”.

12) il fumetto non è così codificato come lo erano i Vendicatori, quindi potremmo trovarci di fronte a qualcosa di realmente fresco. Non mi interessa niente di un Rocket Racoon che esordisce sullo schermo con la stessa battuta con cui si è palesato sulla carta stampata in una storia breve di chissà quale testata secondaria dell’universo Marvel. Voglio vedere cose che mai mi sarei potuto immaginare.

13) qui potrei fare il solito giochino simpatico di queste liste e ripetere una delle voci precedenti, come a dire”guarda come sono ossessionato da questo aspetto stupido ma in realtà cruciale”. Sarò banale, ma io sono veramente curioso di vedere Rocket Racoon.

14) l’interesse generato intorno a questo blockbuster (assieme a quello sui robottoni giganti di del Toro) potrebbe finalmente dare la spinta a un sacco di progetti assurdi che se ne stanno nel cassetto da troppo tempo. La speranza è che il fantastico torni fantastico. Basta grigiume, realismo e rivisitazioni dark. Volete fare gli scrittori o i registi? E allora dimostrate di essere molto più creativi di quanto noi spettatori potremmo mai essere. Sbatteteci in faccia il motivo per cui voi fate quel mestiere e noi no. Altro che uguaglianza. 

15) nella speranza che si realizzi la prospettiva qui sopra - che i film fantastici tornino a essere generatori di fantasie e non blocchi di ghisa attaccati alle caviglie della creatività - magari bloccano il film sulle Tartarughe Ninja e lo rimettono in carreggiata come dovrebbe essere fatto veramente. Macché alieni, noi vogliamo anfibi mutanti che praticano le arti marziali.

16) sempre invocando il punto 14 magari esce il nuovo Star Fox

17) abbiamo tra le mani un film con budget milionario, diretto da un pazzo proveniente dal cinema indipendente più folle e sceneggiato da un giovinastro troppo talentuso per Hollywood. Se il sistema funziona e arrivano i risultati sperati allora un bel po’ di mestieranti seduti da troppo tempo sugli allori potrebbero incominciare a inviare il CV a qualche agenzia di collocamento.

Possono bastare come motivazioni per aspettare questo film con la bava alla bocca?


domenica 9 settembre 2012

La follia alla fine del mondo: Goodbye 20th Century di Darko Mitrevski e Aleksandar Popovski (Macedonia/1998)



Avevo deciso di recuperare il macedone Goodbye 20th Century ai tempi del primo Bizzarro Magazine (quello dedicato al post-apocalittico), dove veniva etichettato come il film più in linea con il titolo della rivista fra tutti i 100 recensiti nel dizionario fondamentale. Concedetemi una piccola variante autobiografica, indispensabile a chiarire la prospettiva in cui ho scritto questa recensione: ho sempre adorato il post-atomico, soprattutto nelle sue varianti più povere. Quelle dove solitamente si cerca di distrarre lo spettatore dalla palese insufficienza dei mezzi infilandoci – paradossalmente – più roba possibile. Per capire come questo stratagemma funzioni alla perfezione basterebbe vedersi, senza i paraocchi imposti dall’offensivo paradigma “tanto brutto da essere bello”,  2019 Dopo la caduta di New York di Sergio Martino. Prodotto con un budget irrisorio, riesce comunque a guadagnarsi un posticino nella storia della sci-fi grazie al ritmo folle e alla densità di trovate sghembe e fuori posto (oltre per i furti ai grandi titoli di questa bistrattata cinematografia) che ne caratterizzano tutto il metraggio. Chiarito il mio approccio alla materia, passiamo all’analisi di questo tesoro nascosto. 

A grandi linee esistono due tipi di “bizzarro” consapevole. Una variante più divertita, che potrebbe essere quella dello strepitoso Slave Girls from Beyond Infinity o del mio adorato Radioactive Dreams, e una più seria, con mire più alte rispetto al puro disimpegno. Nume tutelare e autentica star di questo filone è l’arcinoto David Lynch, ormai ridotto più ad aggettivo da usare a sproposito che a cineasta. Naturalmente si potrebbero tirare in ballo anche i vari Kenneth Anger o Guy Maddin, però chissà perché si finisce sempre a parlare dell’uomo dietro Eraserhead e Velluto Blu. In qualunque caso Goodbye 20th Century fa assolutamente parte di questa seconda categoria, nonostante i (o forse proprio grazie ai) numerosi siparietti grottescamente umoristici che lo punteggiano. Diviso in due sezioni (una post-apocalittica e una immediatamente pre-) quello di Darko Mitrevski e Aleksandar Popovski è un tour de force lisergico che lascerà a terra (pur nella sua breve durata) un sacco di vittime. Tra personaggi apparentemente immortali (il barbiere – presente in entrambi i segmenti oltre che in un flashback di inizio secolo) e altri che lo sono veramente, geniali trovate registiche (vedi una sorta di Joker che si muove generando una serie di suoni da cartone animato), attacchi sensoriali stordenti, una trama praticamente incomprensibile, furti alle colonne sonore di film più noti (il tema di Ghost in the Shell, ma sono sicuro di aver sentito anche qualcosa di Akira) e un’innegabile eleganza formale, abbiamo tra le mani un film meritevole di una visione da parte di chiunque sia alla ricerca delle deviazioni più folli della cultura pop (perché sempre di quello si parla). 

Se si fosse limitato a portare avanti il discorso iniziato nel primo tempo Goodbye 20th Century non sarebbe così lontano dal concetto di capolavoro come ci si aspetterebbe. Dotato di un’iconografia potente e immortalato con un linguaggio che pare rifarsi direttamente ai primissimi wuxia di Wong Kar Wai (regia sinuosa, scenari desertici e polverosi, un sacco di fumo blu durante le riprese notturne), costruisce nel giro di una quarantina di minuti un universo credibile e capace di contenere un sacco di storie. I registi si concentrano sul dramma di un uomo che non può più morire in seguito a un rapporto carnale con un'entità metafisica (resa da un’icona ortodossa lacrimante sangue). A un punto di partenza così alto si decide poi di innestare uno sviluppo più in linea con il genere – sparatorie in capannoni abbandonati – con sviluppi strappati di peso dal western crepuscolare. Insomma, una bomba. Peccato che con il secondo tempo, nel descrivere la nostra società nella follia dell’immediata pre-apocalisse, si decida di spingere troppo sul farsesco andando parzialmente fuori tema. Si rimane comunque basiti per quello che si vede – una surreale veglia funebre – ma è più una visione dall’esterno rispetto all'immersione dei primi minuti dell'opera. Si è più che altro curiosi di vedere dove andranno a parare i registi. Se siete amanti dell'assurdo più spinto qui troverete pane per i vostri denti, mentre tutti gli altri non potranno che rimane perplessi.

In conclusione vale la pena di vedersi gli 82 minuti di delirio partoriti da Darko Mitrevski e Aleksandar Popovski? La risposta è assolutamente sì. In primis per potervi vantare di aver visto un post-atomico macedone a budget zero con mire altissime (importantissimo, non c’è la minima traccia di ironia autoreferenziale. E le risate strappate allo spettatore hanno tutte un sapore grottesco e spesso sgradevole), in secondo luogo perché abbiamo a che fare con qualcosa di assolutamente diverso e fuori dai canoni. In un’epoca di omologazione e riciclo infinito del passato ogni tentativo di diversificazione andrebbe premiato a prescindere, soprattutto se realizzato con l'ambizione di questo stortissimo lungometraggio. G20C potrà non piacervi – nulla di più facile – ma perlomeno vi farà provare la sensazione di aver visto qualcosa di unico. 

giovedì 6 settembre 2012

[Nani, birra e botte da orbi] Skullkickers di Jim Zub, Edwin Huang e Chris Stevens



Skullkickers è una serie con un sacco di difetti. Di certo il livello delle tavole non è lo stato dell'arte, è priva di autentica profondità e ben lontano dall’essere un prodotto genuinamente originale. Eppure riesce in un campo dove un sacco di gente fallisce: essere davvero, davvero divertente. Che, a rigor di logica, dovrebbe essere l’obbiettivo primo di ogni opera realizzata per la pura evasione. Lapalissiano, verrebbe da dire, eppure spesso e volentieri pare che questo concetto sia pericolosamente nebuloso. 

Considerando che i protagonisti di questo fumetto passano un sacco di tempo rintanati in lerce osterie da quattro soldi – ubriachi e sfatti come lo siamo stati tutti nei nostri anni migliori - mi pareva giusto affrontarne l’analisi in chiave culinaria. Da questo punto di vista Skullkickers non è che il corrispettivo su carta di un untissimo (e altrettanto gustoso) panino da ambulanti.  Quelli a cui non puoi resistere, ma che ti rendi conto sarebbe stato meglio evitare per lasciare spazio a qualcosa di più nobile (e intanto pensi “Ormai è tardi, tanto vale arrivare in fondo”, raggirandoti da solo). Prendi un buddy movie (bromance free), sostituisci il bianco e il nero (o il cieco e il sordo) con un nano e un energumeno calvo. Non poliziotti, ma soldati di ventura a zonzo in un mondo di impianto fantasy. Condisci il tutto con abbondanti dosi di violenza e il piatto è servito. Come si diceva, nulla di che. Eppure basta guarnire la nostra leccornia con un sacco di dialoghi brillanti e mai fini a se stessi (e che siano privi di riferimenti a D&D, mi raccomando) per avere un manicaretto da leccarsi i baffi. Semplice ma efficace.

L’unica vera colpa imputabile a Jim Zubkavich, scrittore della serie, è l’immaginazione piuttosto limitata. A livello di visionarietà siamo prossimi alla piattezza dell’ultimo, terribile Conan cinematografico. Nonostante il tutto sia innegabilmente ben fatto non scatta mai quel meccanismo mentale che ti spinge a chiederti cosa arriverà dopo. Ed è un peccato perché la sinergia tra umorismo e fantasy ha un potenziale immaginifico incredibile, avendo praticamente tra le mani un mondo privo di limiti e a cui vengono fatti saltare anche i freni inibitori imposti dalla serietà (penso alla prima parte di Bone, a Shaolin Cowboy, ad Adventure Time,…). Questa mancanza di respiro viene ampiamente compensata da un ritmo supersonico, dai già citati dialoghi effervescenti - arricchiti spesso e volentieri da colorite inflessioni vernacolari - e dalla rozzezza senza precedenti dei protagonisti. Due autentiche bestie, inarrestabili e dalla complessità psicologica di una sottiletta (tanto per stare in ambito di alta gastronomia).

Esiste una sottile ma fondamentale differenza tra essere di bocca buona e amare i sapori più semplici. Se la prima ipotesi esclude a priori ogni tipo di piena soddisfazione in virtù di una pigrezza che va inficiare l’efficacia della ricerca (modo complicato per dire che vi accontentate di quello che passa in convento), la seconda ostenta una passione godereccia non per forza di cose populista. Animata da stimoli magari semplici ma per nulla scontati. Skullkickers soddisferà appieno chi si pone senza troppe remore nella seconda categoria. E se tanto vi basta, buon appetito!

martedì 4 settembre 2012

Monster Children covers



















Ieri ho scoperto per puro caso questo Monster Children, magazine australiano incentrato sulle culture giovanili (skate, surf, arte,...). Chiariamo subito una cosa: non ho la minima idea di che tipo di approccio possano avere alle materie trattate, quindi potrebbe trattarsi anche solo di un Vice bello a vedersi. Quello di cui sono assolutamente sicuro invece è quanto sia strabiliante la direzione artistica di Campbell Milligan (qui trovate un video dove sfoglia l'ultimo numero). Basti la selezione di cover che trovate qui sopra. Anche se l'ombra di David Carson è sempre ben presente (come se copiare dal numero uno fosse semplice, e se non avete idea di cosa si sta parlando recuperate l'artwork di The Fragile dei NIN) la scelta coraggiosissima di cambiare impostazione a ogni numero - prediligendo una serie di soluzioni non proprio immediate, tra le altre cose - ha portato a una serie di lavori sorprendenti. E che spingono non poco al collezionismo, vista la potenza del lavoro finale.

lunedì 3 settembre 2012

Il Mese del Ragno


Su Conversazioni del Fumetto parte il Mese del Ragno. Perché festeggiare come si deve il cinquantesimo compleanno di uno dei personaggi più iconici mai apparsi sulla carta stampata è un compito a cui nessuno si può sottrarre. Con grande gioia posso dire di essere anche io parte di questa magnifica  - e doverosa - iniziativa.  Ne leggerete nei prossimi giorni, assieme a un'altra serie di articoletti che ho seminato nei mesi scorsi, finalmente pronti per diventare di dominio pubblico (tra cui uno su carta stampata di cui vado infinitamente orgoglioso. Non vedo l'ora di vederlo dal vivo). Come di consueto troverete tutto linkato da questa pagina.