giovedì 29 gennaio 2009

Billy Wild 2 di Ceka & Griffon: il sangue, la polvere e il giorno del giudizio





Secondo e conclusivo volume per Billy Wild. In questo nuovo appuntamento la matrice atmosferica del primo tomo viene stravolta, lasciandosi alle spalle flashback e atmosfere da favola nera, a favore di un completo bagno di sangue. Non che prima non ne scorresse, ma ora si sta parlando proprio di una mattanza.



Il ritmo della narrazione è a dir poco compresso, dando l’impressione di un’accelerazione innaturale rispetto ai capitoli precedenti. A conti fatti quasi metà dell’opera è sfruttata per introdurre Billy Wild e il cast di comprimari, relegando la parte meno autoriale e più legata al genere a questa nuova uscita. Nell’ottica di questa evoluzione cambiano anche i riferimenti extra fumettistici, passando da un ipotetico Tim Burton (quello stereotipico, con Danny Elfman alla colonna sonora) allo spaghetti western più feroce. Proprio come in Keoma (Enzo G. Castellari, 1976) o in Le colt cantarono la morte e fu… tempo di massacro (Lucio Fulci, 1966) introdotto plot e attori la narrazione viene sospesa, a favore del terremotante finale d’azione. Ne sapeva qualcosa anche il buon John Woo, arrivando a omaggiare il western di Fulci nella conclusione del suo A Better Tomorrow 2 (1987). Rimane costante la matrice mortifera e demoniaca che fece grandi i due esperimenti Margheritiani di fusione tra gotico e western: Joko invoca Dio… e muori (1968) ma, soprattutto, il capolavoro E Dio disse a Caino (1970). Molto, molto poco favolistici anche un paio di colpi allo stomaco ben assestati, scelta che fa sconfinare il tutto in un simbolismo dal retrogusto provocatorio e quasi politico.



I disegni di Griffon si sposano alla perfezione con i testi e la trama imbastita da Ceka, elevandone al quadrato il lato grottesco ed eccessivo. Duole notare come la qualità (sia della sceneggiatura che delle tavole) non sia costante, alternando soluzioni di grande efficacia e potenza con passaggi più frettolosi (anche se, a livello quantitativo, vincono di gran lunga le prime). Peccato perché le carte in regola per un grandissimo fumetto c’erano tutte, senza contare alcuni assi vincenti come l’intersezione tra fatti reali (uno dei punti centrali dell’opera è la prima stesura della costituzione US) e aspetti di fantasia.



Un prodotto interessante, proposto in una veste di prim’ordine (bastino le stupende copertine) e al giusto prezzo. Che comprende anche l’amaro sapore dell’occasione parzialmente persa.

4 commenti:

Giangidoe ha detto...

So che c'entra poco ma mi è venuto in mente leggendo il post:
qui in Giappone (ma immagino ormai anche altrove), i cofanetti dvd dei film che noi chiamiamo "spaghetti western" sono noti con l'etichetta "macaroni western".
Perchè mai, mi chiedo? Una storpiatura internazionalista del nome me l'aspettavo pure, ma cambiare addirittura formato e lunghezza...

Doner ha detto...

mmmmmh e il macaroni heavy metal???
mmmmmmmmmh... fico!

MA! ha detto...

Penso che li chiamino macaroni per via del fatto che considerano gli spaghetti roba loro (i famosi ramen). La scelta di un tale termine avrebbe limato l'esoticità dei film. Meglio cambiare formato! Tra l'altro in Giappone il nostro Django è un'icona incredibile, basti vedere quanti personaggi esistono, tra anime/manga/videogiochi, dotati di bara a spalle. Giangi, tu confermi tutto?

Giangidoe ha detto...

Si, decisamente.
Soprattutto negli ultimi anni.
E pensare che Django non l'ho neanche mai visto!