mercoledì 4 novembre 2009

Onetwothreefour: The Amazing Joy Buzzards di Smith & Hipp

Esiste qualcuno più fortunato di Mark Andrew Smith? Almeno per quello che riguarda il mondo del fumetto penso proprio di no. Perché ritrovarsi a scrivere una serie disegnata da Dan Hipp significa più o meno avere il culo parato, qualsiasi svarione di sceneggiatura si possa prendere. Il tratto del pallanuotista è infatti talmente leggero e sciocchino che a questi The Amazing Joy Buzzards si perdona praticamente tutto. Mark Smith però, oltre a essere fortunato, è anche un furbacchione consapevole di esserlo e su questo fattore ci marcia con una spavalderia da applausi. Personaggi eccessivi e stereotipati, trame lasciate a metà, voli pindarici e peso specifico prossimo allo zero. Tutto questo ficcato in un fumetto che parla di una pop/punk band (a metà tra Green Day e Alkaline Trio) impegnata a combattere complotti malvagi, con un contorno fatto di amori adolescenziali, lottatori messicani e agenti segreti della CIA. Diciamoci la verità: basterebbe la metà di quello appena detto per dedicare a questo volume un posto privilegiato sotto la gamba bassa del tavolo. Eppure Dan fa il miracolo e rende tutto credibile, creando il primo fumetto della storia capace di portare avanti una storia sfruttando solo pin up e illustrazioni promozionali. Le tavole funzionali alla narrazione le tiriamo fuori dal faldone la prossima volta.



A dire il vero qualche trovata veramente geniale c’è, tipo i riferimenti alla continuity fittizia della testata (ci sono una marea di richiami a presunti episodi passati, con tanto di titolo del numero in questione). Un buon motivo per perdere qualche minuto a immaginarsi storie come Amazing Joy Buzzards e lo sfintere del pirata superfluo. Menzione speciale per il personaggio di Stevo, in assoluto uno dei più carismatici del fumetto recente. Bassista della band, muto, campione di automobilismo ed esperto di arti marziali. Immancabile lo sconvolgente segreto dietro le sue origini, destinato a venire a galla prima della fine del volume. Un vero figo!



Più che una buona lettura, un’ottima visione (e complimenti a quelli della Renoir che hanno capito questa cosa e hanno tirato fuori una grafica da urlo) capace di garantirvi una parentesi di pura evasione, godibile e soddisfacente nella sua amabilissima inconsistenza. Quando qualcuno avrà la geniale idea di affidare a Hipp una sceneggiatura di Kevin Smith (così magari lo teniamo lontano dalla macchina da presa e lo costringiamo a occuparsi solo dei dialoghi), Joe Kelly o Keith Giffen probabilmente avremmo un nuovo X Statix tra le mani. Mica male!

Nessun commento: