lunedì 29 giugno 2009

Tra kawaii culture, James Dean e il fottuto inferno: 10 motivi per farsi un giro a Venezia





1. Il padiglione italiano: senza ombra di dubbio tra i picchi di questa 53ma Biennale. Dedicato a Marinetti e ospitato presso la locazione Tese delle Vergini (Arsenale), stordisce per il livello medio delle proposte. C’è la fotografia metafisica di Matteo Basilè, le colossali ceramiche di Bertozzi&Casoni, gli uomini di legno scolpiti da Aron Demetz, la natura strabordante di Giacomo Costa, la nuova arte sacra di Nicola Verlato (un genio, vedi immagine sopra),… Ci sarebbe anche il nuovo pezzo di Cattelan, ma lui preferisce esporre nel padiglione nordico.



2. Mapping the Studio: se volete recuperare in un solo giorno quanto di meglio prodotto negli ultimi 10 anni di arte moderna, visitate questa mostra. Takashi Murakami, Jeff Koons, Jake e Dinos Chapman, Richard Prince, Maurizio Cattelan, Michael Borremans, Bruce Nauman, tutti sotto lo stesso tetto (due tetti, a dire il vero: Palazzo Grassi e Punta della Dogana). Quando vi ricapita? Manca solo lo squalo di Hirst e il sangue congelato di Quinn!



3. JPop: tra le sei opere di Takashi Murakami (tra cui 727-272 e My Lonesome Cowboy) presso Mapping the Studio e il padiglione dei Giardini dedicato e allestito dalla gotica Miwa Yanagi (ormai esplosa a livello planetario) gli amanti dell’arte giapponese più pop non possono che essere soddisfatti.



4. Tadao Ando: l’opera di restauro della Punta della Dogana a opera dell’architetto giapponese è un capolavoro. Come coniugare ultramoderno e architettura del ‘600 da maestri.



5. Il fantagiardino in putrefazione di Nathalie Djurberg: non sono mai stato un grande fan della stop motion in plastilina proposta dalla svedese, ma questa volta il suo allestimento presso i Giardini ha fatto centro. Un giardino allucinogeno, fatto di fiori enormi e coloratissimi, che rivela un lato malato e decadente.



6. Partecipazione del pubblico: uno dei trend più evidenti pare il coinvolgimento dei visitatori all’interno dell’opera. Tra esperienze virali (sommergibili che spuntano nel Canal Grande), distribuzione di cartoline da spedire a più persone possibili, piante che necessitano dello sforzo fisico dello spettatore per essere innaffiate e rimanere in vita, opere da fotografare e diffondere tramite questo mezzo, installazioni da personalizzare come meglio si crede (con tanto di istruzioni sul significato di ogni singolo componente del pezzo) pare che il pubblico sia ormai parte integrante dell’atto artistico.



7. Fucking Hell (dei Chapman Bros.): la migliore rappresentazione dell’Inferno di sempre. Vedere la gente che prima si avvicina a questo diorama con il sorriso sulle labbra e poi se ne allontana in silenzio e con un vago senso di nausea non ha prezzo. Mica male per dei soldatini!



8. Richard Prince: c’è chi dice che sia uno dei più grandi artisti viventi. Concordo.



9. Dancing Nazis di Piotr Uklanski: un enorme dancefloor luminoso in pieno stile anni ’80. Musica dance a palla. Una parete coperta da ritratti di soldati nazi. Tutto all’interno di un palazzo del ‘600. Non ci ho capito molto, ma rimane un’esperienza da provare.



10. La morte di un collezionista: se tutto questo vi puzza di snob e vacuo allora il padiglione nordico rappresenta la vostra rivincita. Presentato come un’enorme e fichissima villa in vendita, piena di mobili stupendi e di opere altrettanto valide (tra cui il nuovo Cattelan), prevede una sorpresina finale. Una volta usciti sul retro infatti troverete la piscina e, dentro la vasca, il cadavere galleggiante del precedente proprietario. Ben gli sta, al bastardo elitario!