martedì 9 giugno 2009

[kick-ass movie] Mercenaries from Hong Kong di Jing Wong (HK/1981)

Uno dei capisaldi indiscutibili del kick-ass movie è il cliché della squadra. Introdotto da Akira Kurosawa, primo cineasta a scomporre gli aspetti costitutivi dell’eroe in maniera corale, questo espediente narrativo ha alimentato a lungo certo cinema action, allontanandosi sempre più dalle intenzioni intimiste del suo esordio e finendo per costituire un immaginario agli antipodi dei presupposti iniziali (si passa dalla soppressione delle debolezze individuali all’aumento della potenza collettiva). Tra i principali sostenitori di questa seconda corrente è impossibile non citare un personaggio come Jing Wong.



IMDB segnala qualcosa come 138 film sceneggiati, 128 prodotti, 71 interpretati e 93 diretti in 28 anni di carriera (ancora in pieno corso). Un fiuto incredibile per ciò che il pubblico chiede, nessun pudore nello scadere nel becero populismo e nella exploitation più volgare. Ricchissimo grazie alla sua capacità di inventare nuovi filoni (il genere bari e gioco d’azzardo è farina del suo sacco, ma riesce a fare suo anche il ramo delle risse scolastiche) e al vizio di sfruttare franchising in maniera più o meno legale (City Hunter, il videogame Street Fighter, Super Mario, A Better Tomorrow tra i moltissimi esempi. Si vedano pure le incredibili speculazioni sulle sue stesse idee!), il Nostro riesce a imporsi anche come autore grazie alla sua regia sempre viva e piena di guizzi. Tutto senza dimenticare che anche il mitico Clarence Fok è una sua scoperta. Per chi fosse totalmente a digiuno di cinema made in HK sappiate che Clarence è un mostro di tecnica registica, un montatore come se ne vedono pochi (proverbiali le sue scene action supersoniche), un grande direttore della fotografia oltre che un coreografo capace di dire la sua senza problemi. Come investire tutto questo talento? Dirigendo, sotto l’egidia del nostro reuccio del bmovie, capolavori di cattivo gusto come Naked Killer. Tassativamente uno dei film da vedere nella vita. Lesbiche killer, mazzate in gran quantità e membri mozzati fatti mangiare a poliziotti idioti. Inevitabile il successo al botteghino e la speculazione conseguente. Indovinate da parte di chi?



Una volta definito l’uomo passiamo al film. Diciamo subito che Mercenaries from Hong Kong non ha molto a che spartire con I Sette Samurai. Incredibile, vero? Protagonista assoluto della vicenda è Ti Lung, l’attore con la media di morti per pellicola più alta nella storia del cinema (che vi aspettate da uno che ha lavorato con Chang Cheh e John Woo?). Ex militare ora mercenario, finisce nei guai per via di una missione punitiva nei confronti di un membro della malavita Hong Konghese. Fortunatamente il nostro riceve un offerta che non potrà rifiutare: la possibilità di crearsi una nuova vita (fuggendo dai problemi con le triadi) e una pensione dorata. Ti Lung decide allora di chiamare a rapporto tutta le vecchia squadra per un’ultima, sanguinosa missione. C’è il cecchino con la storia triste (citazione da Castellari e il suo Grande Racket?), il playboy esperto di esplosivi, il violento, … tutti i luoghi comuni che alla fine si cercano in un film del genere. Unica vera novità è che tutti nella squadra si vestono uguali, sia in missione che nella vita quotidiana, creando non poca ilarità da parte dello spettatore. Una volta definitive queste prerogative il film è uno spasso: tonnellate di piombo, ultraviolenza, torture, bambini nel posto sbagliato al momento sbagliato (la firma di Wong Jing), onore tradito, riscatto, vendetta e dardi sparati da oggetti imbarazzanti. The End. 90 minuti precisi, la lunghezza perfetta dell’intrattenimento.



Come la tradizione dei film spaccaculi insegna non c’è traccia di umorismo esplicito, se non da parte della solita spalla idiota. Nonostante questo la rozzaggine e la totale assenza di rispetto per la vita umana da parte dei protagonisti garantisce perle di autentico piacere. Come in The Last Blood o in My Schoolmate the Barbarian (l’unico film di arti marziali con i punti guadagnati dai combattenti segnalati in sovraimpressione) tutto procede per eccesso e accumulo, seguendo il modello degli shonen manga o dei videogame (grande passione di Wong) più old school. Il pubblico ha quello che vuole (quando le disgrazie degli altri tiravano più dei buoni sentimenti), il buongusto rimane uno sconosciuto e qualcuno è un pochino più ricco di prima. Pura exploitation, materia prima di ogni kick ass movie che si rispetti.




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