lunedì 30 marzo 2009

DMZ 4: Fuoco amico di Wood/Burchielli/Fox

Questo Fuoco Amico rappresenta la più grande occasione mancata di una serie prossima alla perfezione come DMZ. L’arco narrativo più duro, realista e profondo dell’opera di Wood e Burchielli rischia più volte di perdersi in un mare di didascalie, pagandone lo scotto in fatto di ritmo e tensione. Una scelta difficile, tutta votata alla ricerca di un pathos sentito e mai retorico, ma che riduce spesso il fumetto in questione a un romanzo con molte illustrazioni. Peccato, perché dal punto di vista grafico l’intero volume è grandioso, partendo dalle cover ad opera dello sceneggiatore, passando per un sempre più bravo Riccardo e finendo sulle tavole dei disegnatori ospiti. Ulteriore motivo di plauso nel fatto che, nonostante i nomi coinvolti siano molti, l’insieme risulti coeso, forte di un appeal underground molto caratterizzante per tutti gli autori.



Se nel linguaggio abbiamo qualche intoppo, a livello di contenuti DMZ si riconferma come opera matura e politica, concepita con uno sguardo cristallino sulla nostra contemporaneità. Dopo aver preso in esame le piaghe del giornalismo embedded e degli appalti dietro ogni campagna militare moderna, ora la riflessione si sposta sui colpevoli (veri e presunti) degli orrori consumati sul campo di battaglia. Su come le vittime si trovino da entrambi gli schieramenti, con o senza fucile, su come la gerarchia militare e politica finisca sempre per manipolare la verità a suo piacere. Sul bisogno delle vittime di una giustizia sommaria e su come l’esercito trasformi giovani senza nessuna prospettiva in perfetti capri espiatori. Tutto senza la minima cessione al gratuito, al luogo comune o alla sterile provocazione. Ed era proprio questo l’aspetto vincente di una serie quasi impossibile da scrivere: unire l’impegno e la riflessione con uno scheletro di genere, rivolgersi al cervello dei lettori sfruttando le corsie preferenziali del basso ventre. Parlare di argomenti dannatamente seri attraverso le pagine di un fumetto accattivante, teso e dinamico. Se si volesse fare un paragone cinematografico DMZ è il corrispettivo perfetto del bellico The Kingdom di Peter Berg. Bello a vedersi come un action di Michael Mann, ma dotato di una profondità che non può non spingere alla riflessione.



Amaro senza giocare al ribasso. Cinico e realista come solo la fiction sa essere.

2 commenti:

Officina Infernale ha detto...

concordo appieno!!!anche se secondo me Burchielli tira un po via sul disegno di suo ho visto di meglio, forse per via dei tempi, cmq rimane una figata lo stesso, c'ho messo un po prima di convincermi a comprarla poi mi sono ingrifato di brutto, le copertine di B. Wood sono state un motivo di convincimento...

MA! ha detto...

Le cover sono stupende. Brian è un grande, anche il oghi dei suoi fumetti sono grandiosi.