Perché la storia (anche quella del cinema) non è fatta solo da chi sta in cima. Anzi, spesso è proprio dal basso che arrivano gli scossoni più interessanti. Basta saperli sentire. Partendo da questo presupposto ho maturato la decisione di recuperare l’opera omnia di uno dei registi più (ingiustamente) vituperati di sempre: Albert Pyun. Parte così Pyunologia, percorso in una poetica da VHS.
Altro giro, altra corsa nel pazzo immaginario di Albert Pyun. Oggi tocca al suo secondo lungometraggio, il folle Radioactive Dreams. L’idea è geniale: poco prima dell’ecatombe nucleare due bambini vengono rinchiusi in un bunker. Ci vivranno per quindici anni, allenandosi nei loro passatempi preferiti e leggendo tonnellate di romanzi hard-boiled. Completamente assorbiti in uno stile di vita alienante finiscono per lasciarsi trasportare, convincendosi di vivere in un noir anni ’40. Quando finalmente riescono a riemergere dalla caverna in cui sono confinati si ritrovano in un mondo diversissimo da come se lo ricordavano. Distese desertiche ovunque, mutanti, cannibali, gang di ogni genere e un costante tappeto sonoro composto da canzoni a metà tra il pop ottantiano e il punk più annacquato. Il quid di genio sta proprio nell’aver messo nella stessa sceneggiatura tutti i cliché della commedia adolescenziale, del poliziesco alla Robert Aldrich e del post-atomico più oltranzista. Tutto impacchettato con una messa in scena poverissima, sostenuta solo dal mestiere e dal vigore di Pyun. Qui più che mai colonna portante dell’intera operazione.
Radioactive Dreams porta a ben più di qualche risata, e nessuna involontaria. I due attori protagonisti paiono veramente strappati di peso da un film della prima metà del ‘900, tra umorismo slapstick e una continua progressione verso il ruolo da duro e inflessibile alla Philip Marlowe. Attorno a loro l’universo imbastito da Pyun non ci risparmia nulla, dal dinosauro assassino che emerge dalle fogne a un duo di bambini sboccatissimi e violenti. Vestiti come John Travolta ne La Febbre del Sabato Sera e perennemente muniti di boombox farcita di disco. E poi carretti in legno che esplodono appena escono di strada (gag degna dei Simpson) e una cantante pronta intonare nei momenti più inopportuni il tema del film. Senza dimenticare, come già detto, tutti i luoghi comuni dei filoni citati. In un mondo visto da due ragazzi cresciuti con la sola compagni di di Raymond Chandler e Dashiell Hammet non potevano mancare trench, cappelli a falde strette, una femme fatale capace di attirare guai in maniera prodigiosa e l’irrinunciabile MacGuffin, motore primo di tutta la vicenda. Linguisticamente Pyun ci mette voci off e tagli di luce nettissimi, soprattutto nei momenti di maggiore pathos.
Insomma, un delirio. Che sarebbe potuto rientrare tranquillamente tra i grandi classici per ragazzi degli ’80 (come era palesemente studiato per essere) se non fosse per un budget criminalmente basso. In qualunque caso una grande prova dell’hawaiano, capace di impregnare ogni singolo fotogramma della sua autorialità a basso costo. Nonostante tutti i suoi limiti Radioactive Dreams è divertente, frizzante e ricco di immaginazione. Frutto di una moda a cui era impossibile sfuggire eppure dotato di una fisionomia forte e ben delineata. Simile a tanti titoli ma diverso da ogni cosa abbiate visto prima.
4 commenti:
ma attacarci anche un link di download no?
E dove lhai scoperto questo matto degli anni 80? Non ne avevo mai sentito parlare.
Ma che videocassette compravi da piccolo?
@Dio: ti piacerebbe! Con tutta la fatica che ho fatto io a trovarlo...
Scherzo naturalmente. Lo metterei volentieri in condivisione ma non ho la minima idea di come si faccia. A me l'hanno passato via Dropbox.
@Watanabe: guarda, io sono convinto che almeno un film di Pyun nella vita l'abbiano visto tutti (spulciati 'imdb). Il problema è che ad apprezzarli siamo in pochi.
trova una maniera per favore mi hai propiomessovogliadivederlo non sono riuscito a trovarlo
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