lunedì 25 aprile 2011

Luigi Presicce e l'arte per pochi






Apprendo dall’ultimo numero di Studio che il grande AA Bronson è impegnato in una serie di performance prive di pubblico. Moderni riti esoterici che nascono e muoiono in luoghi segreti, senza testimonianze filmate o fotografie. Il canadese dice di essere arrivato a fare una scelta così estrema in risposta agli eccessi mediatici a cui è arrivato il mercato artistico/creativo. Dove ormai non conta quello che fai ma quanta gente ne fruisce e ne parla (anche a sproposito). La cosa mi stimola ma la trovo forse troppo radicale per avere un peso reale. Poi scopro che la nuova edizione di Emerging Artists – Young Italian Art (il più importante concorso italiano per artisti emergenti) è vinto da Luigi Presicce. Luigi non produce nulla di tangibile, non vende le sue opere e non è rappresentato da nessuna galleria. Perché tutto quello che fa il leccese è mettere in scena strambi teatrini pagani, quasi sempre per un pugno di persone. Tanto per farvi capire, la performance che gli ha permesso di vincere il premio è stata eseguita davanti a due bambini (ma ne esiste comunque un video). Leggendo le interviste ci si rende conto che Presicce è tutt’altro che un genio della comunicazione, interessato solo al suo mondo fatto di riti pagani, immobilismo e strani make-up. Eppure la sua poesia ti smuove qualcosa dentro. Mi sfoglio tutte le testimonianze delle sue performance precedenti e ne rimango estremamente affascinato. La voglia di partecipare a questa riproposizione moderna di oscuri riti mistici è tanta, anche se è facilissimo intuire che non ne avrò mai la fortuna. L’arte sfugge definitivamente alla riproduzione tecnica e torna a essere qualcosa di enorme. Affascinante eppure/perché incomprensibile. Poi, dopo anni di ultramateralismo e ironie assortite, la presenza di simbolismi neri ed esoterici ha il misterioso potere di attirarmi come una mosca sul miele (anche se, a essere onesti, il primo a spingere su questo versante è stato l’americano Banks Violette con le sue installazioni a base di black metal e suicidi adolescenziali). A conti fatti abbiamo a che fare con una poetica criptica, invisibile, inquietante. Tutto il contrario di quello che ci hanno insegnato ad apprezzare nell’ultimo decennio.

2 commenti:

:A: ha detto...

E meno male che si va in direzione opposta agli anni zero.
Perchè uno dei rischi dell'arte contemporanea è che si impieghi più creatività nella promozione piuttosto che della produzione dell'opera stessa. u.u

MA! ha detto...

La cosa che mi incuriosisce è dove porterà tutta questa attenzione che sta nascendo attorno al concetto di underground estremo. Io vengo più o meno da lì (in ambito strettamente musicale) e, volente o nolente, le meccaniche le conosco piuttosto bene. Stiamo parlando di gente veramente intransigente, pronta a urlare al venduto al minimo segnale di ammorbidimento. Ma se adesso l'intransigenza diventa moda a cosa andremo in contro? A livello cartaceo vedo che all'estero l'attenzione dedicata a editori indipendenti di roba pregiata sta calando, in favore di una marea di fanzinacce fotocopiate (che, detto per inciso, adoro da sempre. Quando eravamo adolescenti un mio amico ne aveva una pro-olocausto stampata in tedesco. Penso una delle cose più estreme che mi sia passata tra le mani). A livello artistico sembra stiano prendendo piede le cose di cui parlo nel post. Ma poi? Non vedo l'ora di vedere cosa succede!