mercoledì 6 aprile 2011

Miike e il Mucchio Selvaggio: 13 Assassins di Takashi Miike (JP/2011)



Tanto per mettere le cose in chiaro fin dalla prima riga: 13 Assassins è il miglior Miike da molto, troppo tempo. E guarda caso arriva al risultato battendo la via meno idolatrata e conosciuta al suo pubblico, sempre più generalista e meno competente (sono lontani i tempi delle VHS Tartan Video pagate a peso d’oro). Per il consumatore medio (all’interno della nicchia del cinema di genere “ricercato”) Takashi rimarrà per sempre quello dello splatter estremo e/o quello dei blockbuster sopra le righe alla Yattaman. Chi fa parte di questa categoria ricorderà questo suo ultimo lavoro solamente per i 40 minuti di massacro e per la trovata delle mucche in fiamme. Non ci vedrà un omaggio livido e doloroso a un cinema (e a un mondo) che non esiste più. Tantomeno una parabola discendente di uomini nati fuori tempo massimo, schiacciati dagli obblighi di una società ormai priva di senso ma comunque invadente e arcigna nel suo mantenere fino all’ultimo una parvenza di dignità.


Il Miike di 13 Assassins è lo stesso di Graveyard of Honor (guarda caso un altro remake ossequioso di un classico del cinema nipponico), Agitator, Rainy Dog e del dittico Young Thugs. Così succede che la prima ora e venti, immobile, statica, teatrale, colpisca molto di più dell’esasperante scontro dell’atto conclusivo. Nel narrare della prima e ultima missione di un gruppo di samurai privi di senso (uomini di guerra in un'epoca di pace, ingaggiati per un lavoro che va contro ogni loro logica) Miike mette più cuore ed enfasi nella fase antecedente alla catartica carneficina rispetto che al sanguinoso climax. Facce di soldati che tremano all’idea di dare finalmente un significato alla loro vita, come se non avessero mai avuto reale libertà di scelta. Da questo punto di vista questo nuovo lavoro del regista di Osaka si pone nel filone dei samurai ribelli, accanto a mostri sacri come Hideo Gosha e Masaki Kobayashi. Tutta l’epica di una vita dedicata allo scontro viene smontata da morti indecorose e gelide, prive del pathos solitamente riservato agli eroi. E una volta portata a termine la missione non rimane più nulla da fare se non lasciare a terra il fardello del samurai e incominciare a vivere veramente la propria vita.


Naturalmente di uscite prettamente Miikiane ce ne sono a secchiate, ma raramente come in questo caso appaiono come puro contentino per chi vuole la trovata a effetto a ogni costo. La realtà è che 13 Assassins avrebbe funzionato benissimo anche con una costruzione ellittica alla Mongol, dove ogni scontro viene puntualmente evitato per mostrarci direttamente le conseguenze. E come nel film di Sergei Bodrov ci si sarebbe lasciati un attimo prima della battaglia conclusiva. Tanto come va a finire lo sappiamo già tutti.



5 commenti:

Unknown ha detto...

Mi permetto di linkare questo post su Facebook! *_*

Ho una lista di film consigliati tra i post da te ancora da vedere! Recupererò maiiii?
Sgrunttt!

Valentino Sergi ha detto...

Concordo, se ne sentiva la mancanza...

Watanabe ha detto...

Da qualche parte ho letto "il capolavoro di Takashi Miike".

MA! ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
MA! ha detto...

Io rimango dell'idea che Miike il suo capolavoro singolo non lo firmerà mai. Ogni film ha dei difetti che lo minano in maniera irreparabile. E' proprio la sua filmografia nel suo insieme a essere un capolavoro di coesione e crescita. Un pò come riuscirono a fare prima di lui Mario Bava e Jesus Franco. L'unica cosa che mi auguro è che la smetta di perdere tempo e che sviluppi definitivamente questo capitolo livido e autoriale, con meno eccessi ma più emozioni.