mercoledì 8 dicembre 2010

La vita, il sesso, le droghe: Enter the Void di Gaspar Noé (2009)




Prendetevi un bel respiro profondo e rassegnatevi: sarà un giro in giostra lungo e faticoso. Ma ne varrà la pena. Non perché vi aspetta il miglior ottovolante del mondo, e neppure quello più terrificante. Semplicemente perché questo genere di montagne russe non lo avete mai visto (o lo vedete ininterrottamente dal giorno che siete sbucati dall’utero di vostra madre). Cosa è Enter the Void? Due ore e trentacinque minuti di visuale in soggettiva attraverso gli occhi di uno spacciatore di droghe sintetiche in una Tokyo tanto satura da sembrare finta. A renderlo ancora più folle il fatto che il nostro protagonista decida di farsi sparare dalla polizia poco dopo l’inizio del film. Alla sinossi sostituite quindi “spacciatore di droghe” con “fantasma di spacciatore di droghe”.



Il terzo lungometraggio di Gaspar Noé rappresenta un tour de force visivo con ben pochi precedenti. La telecamera svolazza sopra i tetti della capitale nipponica, li scoperchia e ce li mostra come un’enorme distesa di case delle bambole. Poi si tuffa tra le fiamme di un fornello a gas, passa attraverso un trip da MDMA e sbuca dal foro di un proiettile. Non si fa mancare neppure una prospettiva dall’interno di una vagina (durante un amplesso). Movimenti morbidi e sinuosi (e infiniti) accompagnati da una colonna sonora distante e ovattata. Pura pornografia dell’immagine.



Se la gestione dei flashback è eccezionale (sia come regia che come scrittura) spesso l’indugiare su certe soluzioni avvicina pericolosamente lo spettro del tedio. Non gioca a favore di questo aspetto la durata fiume dell’opera e il fatto che si navighi nelle acque incerte della provocazione gratuita. Perché Enter the Void non ci prova neppure per un secondo a nascondere la sua natura compiaciuta e terribilmente auto indulgente. Aspetti che, se non fosse per l’enorme volume dei testicoli di Gaspar Noé, in un nulla farebbero sprofondare questo oggetto non identificato nel limbo delle visioni da festival. Diciamolo chiaro e netto: al di là del risultato ottenuto, per pensare, girare, far finanziare un simile mostro ci vogliono veramente le palle quadrate.



Al centro di Enter the Void c’è il ciclo inarrestabile di vita-morte-vita-… e, proprio come il suo soggetto, il film procedete dritto come un treno. Che a te piaccia o meno. Impossibile da riassumere in un semplice bello/brutto. Bisogna rassegnarsi, rimboccarsi le maniche e tuffarcisi a pesce. Se non te la senti ti risparmi una bella fatica, ma anche un bel po’ di roba che vale la pena raccontare.



I continui richiami a Taxi Driver e Arancia Meccanica ci ricordano di essere davanti a un film, quando invece quello che vediamo propende più per la videoarte. Dopotutto non c’è una grossa storia da raccontare, le meccaniche della narrazione tradizionale vengono scansate con estrema nonchalance. Chi cerca semplicemente un bel film è fuori strada. Se siete tra quelli che entrano in una sala cinematografica con il bilancino per misurare quanti buchi ci sono in sceneggiatura, quante incongruenze, quanto rispetto dei tre atti,... allora lasciate stare. Meglio per voi. Se invece cercate coraggio, sfrontatezza e incoscienza allora mettetevi comodi e aspettate che si abbassi la sbarra.




2 commenti:

Valentino Sergi ha detto...

Temevo anch'io la ciofeca, invece adesso è un must-see

MA! ha detto...

Assolutamente! Che piaccia o meno è un film da vedere. Almeno per poter smettere di lamentarsi che in giro c'è sempre la solita roba.