The Mission di Johnnie To rappresenta qualcosa di enorme per il noir di HK. Il passaggio da un cinema fatto di eroi romantici, caricatori infiniti e sentimenti estremi a un minimalismo che ne è l’esatto opposto. Figure tridimensionali, pochi colpi sparati e tanti silenzi (o altrettante chiacchiere, tanto il risultato è lo stesso). A sua volta la trilogia di Infernal Affairs ne era lo sviluppo ulteriore, ovvero il passaggio da film di nicchia a trilogia dal meritato successo planetario (non fa nulla se in Italia non se l'è cagata nessuno, ormai la sua particina in un certo tipo di immaginario collettivo è indubbia). Cambiano gli incassi ma il succo rimane, anche se diluito. Da questo punto in avanti la strada è in discesa, con sempre meno piombo nell’aria e sempre più antieroi fallaci a riempire lo schermo. In questo senso il meglio è rappresentato da PTU, del solito To. I poliziotti meno eroici che possiate trovare nel cinema moderno. E, proprio per questo, indimenticabili. (piccola nota personale: se non avete mai visto PTU fatelo immediatamente. Non avete idea della fortuna che avete nel poterne godere per la prima volta)
Il passaggio successivo al ridimensionato delle sparatorie fiume e dei balletti di morte ne fu la totale eliminazione, sempre da parte di Johnnie. Si sta parlando del nerissimo e politico Election (1+2). Dove non si spara un colpo di pistola ma succedono cose terribili. Le triadi perdono tutto il loro fascino e incominciano ad apparire per quello che sono: una vasca di squali spietati travestiti da uomini d’onore.
Once a Gangster è il passettino dopo, la desacralizzazione definitiva della vita criminale. Geniale fin dalla trama, capace di fondere tra loro (e di irriderli senza pietà) gli stessi Election e Infernal Affairs. Tutto parte da una domanda meno scontata di quello che sembra: e se nessuno volesse diventare il nuovo padrino della Triade? Il vecchio leader ha lasciato un debito imbarazzante e ora occorre qualcuno capace di riportare l’organizzazione ai vecchi fasti. Peccato che i due candidati migliori non ne abbiano la minima intenzione. Jordan Chan, il più dotato dei picciotti, intende gestire la sua catena di ristoranti mentre Ekin Cheng, il predestinato storico, vuole studiare economia. Rimane il ritardato Conroy Chan Chi-Chung, manovrato da un poliziotto infiltrato senza scrupoli. Altro che il rispetto e l’onore di Tony Leung.
Nonostante il tono sia sempre divertito non si sconfina mai nella parodia più pura, a dimostrazione dell’intelligenza di chi lo ha scritto e diretto (Felix Chong, già sceneggiatore di IA 1,2 e 3). Se siete nerd del genere godrete nello scovare tutte le raffinatissime citazioni (molto belle quelle relative alla fotografia) mentre tutti gli altri si troveranno tra la mani un anti-Padrino con gli occhi a mandorla. Se il tono fosse stato leggermente più amaro non sarebbe stato fuori luogo un parallelismo con i Battles Without Honour and Humanity (qui il link al leggendario tema della pentalogia) di Kinji Fukasaku (ma andrebbero bene anche il meno epocale Cops vs. Thugs o il bel Yakuza Graveyard). Una regia frizzante e ricca di trovate allontana definitivamente il tutto dal triad movie tradizionale, ponendosi quasi come parodia del giovanilismo "cool" della serie Young and Dangerous (citato letteralmente come ispirazione da uno dei protagonisti!).
Non un capolavoro, ma una mossa coraggiosa e fresca. L’intrattenimento puro incontra il cinema più teorico, elevando lo sbeffeggio a livello di teorema geometrico. I riferimenti sono talmente numerosi e di una precisione tale che è impossibile siano tutti il frutto di un brainstorming ad alta gradazione alcolica. Probabilmente il noir più frizzante, iconoclasta e colto dell’anno.
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