domenica 27 dicembre 2009

Vengeance di Johnnie To: prove tecniche per la consacrazione




Spesso provo a mettermi nella testa di Johnnie To. Cerco di immaginare come possa essere vista dagli occhi dell’ultimo genio cinematografico non riconosciuto l’opportunità di girare un remake del capolavoro tecnico/teorico di un maestro come Melville. So di aver contribuito a ratificare in maniera definitiva il wuxia (The Bare-Footed Kid) e il fantasy cinese (The Heroic Trio). Ma sono anche ben cosciente di aver chiuso un certo capitolo del noir di HK (A Hero Never Dies), di averlo fatto tornare sotto una nuova forma (The Mission) e cambiato ancora (Exiled). Ho girato il piano sequenza del decennio (Breaking News), ho riscritto le regole dell’autorialità (il metodo produttivo Milkyway Image) e sfornato la media di un capolavoro ogni due anni (perché in mezzo ci sono pure i film “medi”). 45 film in 21 anni di carriera (evitiamo di contare gli anni come aiuto regia). Eppure agli occhi del cinefilo occidentale sono ancora un esordiente. Un esordiente che ogni anno partecipa sia a Cannes che a Venezia, con qualche capatina a Berlino(...).



Poi un giorno si palesa la possibilità di girare il remake di I Senza Nome di Melville. Grosso budget, grossi nomi. Produzione francese, il mercato occidentale come target primario. E’ la mia possibilità di essere riconosciuto come uno dei più grandi cineasti di sempre. E’ la mia affermazione, quello che rimarrà del mio lavoro prima delle solite rivalutazioni postume. Mi pare ovvio che davanti a una responsabilità simile mi possa permettere il lusso di un primo colpo di prova, tanto per poter aggiustare il tiro al secondo tentativo. Ecco, Vengeance è quel colpo.



Se non avete mai visto un film di To o un noir di HK (materia che si deve conoscere alla perfezione per poter capire la grandezza di Giovannino) avete trovato un punto di partenza ideale. Dentro ci trovate tutti gli ingredienti che nel corso degli anni hanno contribuito a rendere immancabile questo autore: le lunghe scene a tavola, le sparatorie statiche, le sparatorie coreografate, le pose plastiche, Anthony Wong, Sam Luet, Simon Yam, l’etica del samurai, la notte, il melodramma e il cinismo più spinto. Tutto rivisto in un ottica meno speziata e più cinefila (e commestibile) del solito, come ad accontentare i produttori (al 50% il film è prodotto con soldi francesi) e il pubblico del circolino d’essai. Così To si diverte a citare le stesse ispirazioni di Melville, primo fra tutti Kurosawa (nella scena più visionaria di tutto Vengeance, autentico capolavoro interno a un film dopotutto “normale”), e a renderle 100% cantonesi. Come a chiudere quel cerchio iniziato con Chow Yun Fat vestito come Alain Delon.



Come primo colpo non siamo messi male (a parte la gestione di un attore non orientale, decisamente sottotono rispetto alla consueta prova mostruosa fornita da Anthony Wong) e la voglia di vedere LA scena di rapina in gioielleria gestita da un alieno come To è tanta. Vedremo cosa ne pensano i produttori.

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