martedì 1 luglio 2008

[oldiest but goldiest] We Are Going To Eat You di Tsui Hark (1980)

Correva l’anno 1980 e il giovane Tsui Hark non era ancora diventato il maestro che oggi tutti riconoscono. Dopo aver diretto un interessante esperimento a metà tra wuxia e gotico (The Butterfly Murders) il Nostro decide di giocarsi la carta politica. Nasce così We Are Going To Eat You, meltin pot di generi ad alto tasso caustico.



Sulle tracce del criminale Rolex l’Agente 999 finisce prigioniero in un villaggio sperduto. Qui scoprirà che la verità è molto peggio di quello che ci si aspetta.



Giocattolone ultracinetico, a metà tra commedia di bassa lega e kung fu splatter, We Are Going To Eat You gioca le sue carte migliori insinuando i suoi veri punti di forza tra le righe. Tsui Hark incomincia qui a sperimentare una nuova semiotica per il cinema d’azione, destrutturando il gesto marziale per elevarlo a sensazione subliminale oltre che semplice stimolo visivo. Un percorso che maturerà lungo tutti gli anni ’80, arrivando a una nuova grammatica del montaggio e del linguaggio cinematografico in toto. Il maestro si diverte a sporcare il suo operato con eccessi gore da baraccone, rendendo i suoi interpeti giullari di un teatrino sospeso tra grand guignol e avanspettacolo. L’horror si tinge di slapstick comedy un anno prima del capolavoro di Sam Raimi, fan e seguace dichiarato del dinamismo tipico del cinema proveniente dall’ex colonia inglese.
Con un budget ridicolo a disposizione (che spinge a scippare senza tante pretese le musiche di Suspiria) la catastrofe si annidava dietro l’angolo, soprattutto in una fase del cinema fantastico mondiale dove i grandi fondi cominciavano a fare la differenza, ma l’abilità e il gusto, forgiato da anni di letture fumettistiche, del Nostro riescono a rendere l’insieme di influenze alte e basse qualcosa di unico e, fortunatamente, ripetibile.



Al di là del valore di scatenato helzapoppin umoristico e d’intrattenimento We Are Going To Eat You nasconde (ma neanche troppo) un’anima nera e cinica, legata a un periodo spietato e senza apparente uscita per la perla d’Oriente. Lo spettro della Cina (continuamente richiamata in maniera più o meno velata) come tribù di cannibali che punta a un’assurda autarchia, dove le persone stesse finiscono per alimentare la macchina economica e di sostentamento, è una presenza soffocante e claustrofobia, oltre che influenza fondamentale anche per il successivo film del regista, Dangerous Encounters: 1st Kind. Un problema d’attualità che Tsui Hark ci ha messo sotto gli occhi, con i sottili strumenti dello sberleffo, trent’anni fa.




2 commenti:

Torakiki ha detto...

Gran blog.
Concordo su quanto detto da te riguardo Meatball machine. Ho recuperato su tua segbnalazione le ragazze di nuoto + zombi, sperando sia almeno un prodotto più sincero.

Continua così, verrò a farti visita spesso. spero solamente di non disturbare ^^

MA! ha detto...

Non disturbi, anzi!
Gran blog pure il tuo! Ho letto il report dal Far East e ho visto che del sommo Ho-Cheung Pang non hai segnalato Exodus. Recuperalo subito, capolavoro enorme! Per le tettute nuotatrici vai tranquillo, pura exploitation a basso costo. Tette, sangue e budello, ma almeno non lo spacciano come nuovo film culto!