giovedì 12 giugno 2008

[oldiest but goldiest] Bewitched di Chih-Hung Kwei (Hong Kong/1981)

Bewitched è uno di quei film che ti fanno capire il perché del luogo comune “talmente brutto da essere bello”. Non una gemma preziosa a livello di autentici Quarto Potere del latex come Seeding Of A Ghost o The Seventh Curse, ma un buon prodotto capace comunque di alcuni colpi di genio impossibili da trascurare per tutti gli amanti del bizzarro cinematografico.


Il film parte a 300 all’ora, riassumendo in cinque/sei minuti (cronometrati) abbastanza narrazione da farcirci un intero plot convenzionale. In un lasso di tempo ridicolo troviamo compresso tutto il canonico iter “ritrovamento cadavere-indagine-arresto-processo”, concludendo sul racconto dell’assassino, frangente dove ci viene illustrato il vero incipit della vicenda.

Durante una vacanza in Thailandia Fei Ai seduce una giovane stenografa, promettendole un futuro d’amore. Naturalmente il Nostro eroe punta solo a del sesso occasionale, prendendo l’occasione del ritorno a Hong Kong per lasciarsi l’avventura alle spalle. Nulla di speciale, se non fosse che la povera amante, sedotta e poi abbandonata, non decide di usufruire dei servigi di un potente mago nero per poter consumare la sua vendetta.

A questo punto il film diventa una sorta di mockumentario sulla magia nera nel sud est asiatico, con tanto di didascalie e descrizione minuziosa di ogni passaggio nella realizzazione dei vari sortilegi. Lo stile del regista Gwai Chi Hung
passa da forsennato a documentaristico, con un cambio di ritmo da antologia. Il plot si annulla, e ci ricorda di essere davanti a un’opera di narrazione solamente in prossimità del delirante scontro finale, con il solito monaco buddista nell’angolo del bene e il mago thailandese nell’angolo del male (anche se la tipa avrebbe tutte le ragioni di essere incazzata nera per essere stata trattata alla stregua di una prostituta. Ma si sa che la misoginia nell’exploitation tira sempre…) Il film rischia a ogni fotogramma di collassare su se stesso, ma viene salvato da una serie di trovate capaci di strapparci nel medesimo tempo un sorriso (per l’ingenuità) e una smorfia schifata (per l’oggettivo pessimo gusto): assistiamo così a infanticidi con tanto di chiodo da 20 cm piantato in testa a una creatura di cinque anni, cadaveri di donne incinta spillati come se si trattasse di fusti da birra, pipistrelli dorati in pura gommapiuma che prendono vita, duelli mentali dalle conseguenza piuttosto fisiche, rallenty su tette al vento e baffi mostruosamente anni ’80.

Conclusione da storia del cinema con un cartello che ci avvisa dei rischi del sesso promiscuo, nonostante alla fine il bene trionfi sempre sul male. Meraviglioso.

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