martedì 20 maggio 2008

[oldiest but goldiest] Wild Zero di Tetsuro Takeuchi (Giappone/2000)

Ace ama il rock. Il rock vero, quello sporco e intriso del tanfo di sudore, alcool e gomma bruciata. La sua band preferita sono i selvaggi Guitar Wolf, funambolico trio nipponico e futuri salvatori del pianeta Terra, nonché ambasciatori dell’amore universale. Come? La risposta durante i novanta minuti del lungometraggio di Tetsuro Takeuchi.

Dentro questo Wild Zero c’è tutto quello che si può cercare in un frullatone pop a basso budget: zombie, alieni, frattaglie, umorismo e rock’n’roll! Con l’aggiunta però di un paio di spunti decisamente interessanti, primo fra tutti una cura formale decisamente fuori dal comune per il prodotto medio inscrivibile al genere. Un montaggio straniante e studiato, capace perfino di richiamare l’aspetto più formalista (e quindi svuotato di senso) di Lynch, si sposa con una fotografia splendida, orientata a suggestioni da fumetto ma al contempo livida e vintage. Una serie di soluzioni ben calibrate, capaci di dare peso e importanza (sempre nei limiti) a un prodotto altrimenti destinato alla mediocrità. Senza considerare l’ingrediente che eleva questo minuscolo film a cult imperdibile: i Guitar Wolf.

Alla fine dei conti questo Wild Zero non è che un musicarello in chiave manga/splatter, un siparietto dell’assurdo dove i Guitar Wolf sono i mattatori assoluti. Sempre perfetti nella loro divisa da rocker impenitenti, si spostano solo con mezzi capaci di sputare fiamme dallo scarico. Brandiscono lanciarazzi e revolver con la stessa scioltezza con cui si risistemano continuamente la pettinatura ingelatinata, pronti a rispondere senza esitazioni alle richieste d’aiuto dei loro fratelli di sangue (tramite un prezioso fischietto che possono sentire a chilometri di distanza). Dei veri guru, sempre pronti a concedere un consiglio nel momento del bisogno. Un crescendo di follia e assurdità in cui i nostri si calano con assoluta serietà, amplificando l’effetto comico ed evitando il pericolo di finire nel calderone delle farse gratuite e cialtronesche.

Sorprendente lo svolgersi della consueta love story di rito, di una profondità e di un umanità rare anche in prodotti considerati generalmente “più alti”. Ennesima dimostrazione di quanto una concezione di cultura anacronisticamente classista non abbia più senso di esistere. Definitivamente

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