sabato 22 marzo 2008

[oldies but goldies] Bio Zombie di Wilson Yip (1998)

Prima che Wilson Yip diventasse il regista discontinuo che è ora, un personaggio capace di passare da uno Sha Po Lang a un Dragon Tiger Gate senza dimenticarsi di avere sul groppone un paio di capolavori del peso di Bullets Over Summer e Juliet In Love, prima della joint venture con l’attore/coreografo/regista Donnie Yen, prima di tutto c’era questo Bio Zombie. Non l’esordio assoluto del nostro, ma comunque il primo contatto con le sue reali potenzialità: messa in scena estremamente estetizzante, senso dell’assurdo (nell’accezione più amara del termine), una buona dose di pessimismo.



Pensate all’alba dei morti viventi di Romeriana memoria, innestatelo con il Generazione X di Kevin Smith e cercate di immaginarvi il tutto servito in agrodolce, lungo una delle trafficate strade di Hong Kong. Aggiungeteci una sana dose di esagerazioni tipiche della cinematografia dell’ex colonia inglese e un finale capace di colpire (con una potenza sconsiderata) direttamente alla bocca dello stomaco senza mostrare nulla. Bio Zombie è un po’ tutto questo, e tanto altro ancora: in un centro commerciale simile al negozio di dischi visto in Arancia Meccanica, uno di quei labirinti claustrofobici fatti di specchi, colori e umanità che chiunque sia stato in oriente almeno una volta non può aver fatto a meno di visitare, due commessi cazzari e perdigiorno (Jordan Chan, ma soprattutto un pazzesco Sam Lee) ingannano il tempo tra ragazze e smargiassate poco credibili. Un banale incidente e le sue imprevedibili conseguenze li porterà a condividere il loro tanto amato micro universo con un buon numero di zombie vogliosi di cervelli.



Partendo da questi presupposti Wilson Yip costruisce una deliziosa galleria di personaggi, dai due antieroi al mafiosetto maschilista, passando per la bella di turno e il suo spasimante sfigatissimo, e li inserisce in una vicenda dal ritmo forsennato, dove la nota critica al consumismo lascia spazio a una mappatura di quel immaginario pop che i protagonisti della vicenda potrebbero condividere con i loro coetanei in carne e ossa. Si passa da toni da telefilm adolescenziale a momenti realmente toccanti, senza dimenticare un linguaggio sempre sopra le righe e costantemente intriso di sesso fino alla saturazione. Situazioni irresistibilmente comiche, costruite con dei tempi perfetti, vanno fianco a fianco con una marea di citazioni, sia cinematografiche che extra medium (in primis il videogioco, si veda la scheda di presentazione di ogni personaggio, con tanto di indicatore forza e arma preferita), per nulla gratuite e perfettamente integrate in un mondo composto unicamente da post adolescenti.



Il risultato finale è una bomba deflagrante, troppo spesso sottostimata in virtù della sua natura ibrida e per via del budget praticamente inesistente. Un'esplosione di risate, frattaglie e pessimismo cosmico quasi senza pari.


2 commenti:

Bapho aka Davide Costa ha detto...

c'ho messo la bellezza di due anni a recuperarlo ma ne è valsa la pena. il finale è una bella legnata giocata con classe.

MA! ha detto...

Ma sopratutto quanto sintetizza gli anni 90?