mercoledì 5 marzo 2008

Kenta Fukasaku, terrorista di plastica (Parte 2 di 2)



In Yo Yo Girl Cop (2006), seconda opera completa di Kenta dopo lo stopposo e sorvolabile melo Under The Same Moon (2005), ritroviamo tutta una serie di punti necessari per poterlo considerare praticamente una sorta di sequel spirituale di BR2, a partire dalla ricomparsa dei collari esplosivi fin dalla primissima scena. Questa volta la guerra tra adulti e adolescenti si sposta direttamente nella tana del serpente, in quei licei giapponesi dilaniati dalla piaga del bullismo e della depressione. Sfruttando la debolezza dei giovani, le menti dietro ad un misterioso sito denominato Enola Gay (come l’aereo che sganciò la bomba atomica su Hiroshima) organizzano attenti terroristici e suicidi di massa. Toccherà alla nuova “volontaria” (anche in questo film gli adulti costringono i giovani a collaborare solamente grazie al ricatto) dell’universo Kentiano salvare la situazione, inguainata in una sexy tutina di pelle e maneggiando un pericolosissimo yo yo da combattimento. E così, sotto la superficie plasticosa e in odore di fan service del cliché “liceale caruccia ma incazzosa”, ecco che troviamo un mondo di adolescenti che non riescono a comunicare tra loro se non via chat o via cellulare, anche se ci si trova uno di fronte all’altro. Confessare un terribile segreto alla migliore amica risulta impossibile se non attraverso un medium che allontani e sterilizzi le emozioni. Un microcosmo di sogni infranti ancora prima di nascere, dove secchioni reietti costruiscono bombe con il proprio migliore amico, con il sogno di vedere la propria scuola distrutta tenendosi teneramente abbracciati. Lo scambio realtà/finzione continua a rimanere pericolosissimo, giocando sulla lama della provocazione, buttando sul piatto vite e morti reali in un contesto esplicitamente da carta stampata.


Come le opere precedenti di Fukasaku anche quest’ultimo lavoro non è certo esente da difetti, a cominciare dal ritmo e da certe scelte di montaggio, ma la densità e la qualità delle idee presenti non possono che far chiudere un occhio, facendoci prediligere l’opera imperfetta di questo giovane rispetto alla vuota perfezione formale di professionisti già affermati (perfetto per questo esempio il sud coreano Myung Se Lee, esteticamente abbagliante ma privo di qualsiasi mordente).


Ora rimaniamo in attesa dell’ultimo lavoro di Kenta, XX (aka XX ekusu kurosu: makyô densetsu - a.k.a. X-Cross), arrivato nei cinema giapponesi il 1 dicembre 2007. Il trailer lascia presagire una sorta di pout porri di j horror, splatter, folklore rurale, motoseghe e melensaggine pop. Ancora una volta la scelta pare essere quella di giocare con un magazzino di significati e significanti con le fondamenta ben piantate nella terra del Sol Levante, con la speranza che la plastica dell’immaginario si riveli ancora una volta concreta come la suola del noto scarpone Orwelliano.



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