martedì 18 marzo 2008

Trivial Matters di Pang Ho Cheung (2007)

Grazie al suo magnifico Exodus Pang Ho Cheung è diventato il regista Hong Konghese da citare, quello da sciorinare come se nulla fosse nei salotti da cinefili consumati. Un po’ come succedeva con Wong Kar Wai una decina d’anni fa: giovane, colto, oltremodo talentuoso, festivaliero quel che basta per far girare il nome anche fuori dai circolini dell’esotico a tutti i costi. Peccato che siano in pochi a ricordarsi del suo primo lavoro: You Shoot, I Shoot (2001), storia della strana sinergia tra un killer professionista e un cineasta porno con la passione per il cinema d’autore. Tra finezze infinite, humor nero, romanticismo inaspettato e meta cinema, il giovane Pang esordiva con una sceneggiatura perfetta, una regia a prova di bomba e uno strano senso dell’umorismo. Più che strano, sottilmente malefico. E lui ci tiene a ricordarci di questo aspetto.


Anche in Exodus questo lato del suo carattere era palpabile, con un ambiente ingombrante che schiacciava continuamente i protagonisti maschili della vicenda ai margini dell’inquadratura, rendendoli minuscoli nei confronti di qualcosa di incomprensibilmente complesso ma comunque reale e palpabile. Con le elissi e i piani sequenza che ci facevano lentamente capire quello che i dialoghi avrebbero annacquato irrimediabilmente, facendoci realizzare poco per volta a che razza di cospirazione ci si trovava di fronte. Ambienti asettici, musiche eteree, omicidi decisamente inquietanti. Tutto reso “alto” da una messa in scena e da un montaggio capaci di stilizzare e rendere (magnificamente) incomprensibile anche lo sfruttato set dell’ex colonia inglese.


Con Trivial Matters invece Pang ci ricorda da dove viene: 90 minuti, sette storie basate su scatologia, sesso e pompini. Si va dal catastrofico avvio (decisamente pessimi i primi due episodi) fino al capolavoro del trittico finale, dove cinismo, tenerezza e ironia danno il meglio. Regia televisiva, grande direzione degli attori e tanta voglia di giocare sporco. Nulla di trascendentale, certo, ma l’amarezza nei confronti di un destino beffardo, o la dolcezza di una storia d’amore morta sul nascere (da scuola del cinema il segmento in questione, in cui una l’affetto tra una prostituta e un mafioso si brucia in una manciata di minuti, senza mai dichiararsi) o, ancora, la fortuna inaspettata che nasce da un tiro di bong, meritano sempre una visione.













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