E’ scientificamente provato: se mettiamo uno sopra l’altro tutti i kolossal cinesi usciti da Hero a oggi otteniamo una pila di letame indigeribile. Certo, esiste anche uno sparuto gruppetto di eccezioni, ma il risultato finale non cambia. Nulla di cui preoccuparsi quindi, il nostro multisala di fiducia è ancora esercizio esclusivo di produttori statunitensi e cinepanettoni italici. Poi però arriva questo The Message, e a qualcuno saranno incominciate a fischiare le orecchie.
Ogni anno i cinema orientali ospitano un grosso numero di blockbuster autoctoni, molti dei quali di sicuro successo anche in occidente se non fosse per le barriere culturali alzate negli ultimi 50 anni dagli Stati Uniti (tra gli ultimi esempi The Good, the Bad, the Weird). Nessuna delle nazioni dell’altra metà del mondo pare infatti avere la potenza necessaria per sfondare la cortina, relegando l’esportazione della propria produzione culturale ad appassionati ed emigrati. Con il boom della Cina però il discorso cambia, e qui torniamo su The Message.
La recensione potrebbe essere di due righe: esempio di cinema ricco, corale, ritmato e con tutti gli ingredienti giusti per incassare uno sproposito. A questo aggiungiamo una fotografia ultrapatinata, un cast in stato di grazia e una regia ipercinetica. Lo scrivi The Message, lo leggi blockbuster. Non un capolavoro, neppure un film eccezionale. Semplicemente un film che potrebbe piacere a tutti, dal cinefilo allo spettatore occasionale. Andiamo a elencare i punti di forza:
- un setting fresco e stimolante, ma non del tutto alieno: anni ’40, occupazione nazigiapponese della Cina.
- location fighe: gran parte del film è ambientato in un castello di stampo Europeo, molto Dove osano le aquile. Svastiche comprese. A chi non piace Dove osano le aquile?
- Gusto per il revival: principalmente The Message è un film che parla di spie anni ‘40. Uno di quei generi che se lasciati in un angolino per un po’ di tempo quando ci si ricorda che esistono fanno il botto. Vedi i pirati Disneyani.
- Regia cool: un po’ classica, un po’ Matrix, tanta steady che fa dinamico e frizzante. Montaggio supersonico.
- Qualche scena pesa tanto per farti dimenticare che sei davanti a un film studiato a tavolino.
- Un pizzico di romanticismo. Eroismo e nobiltà d’animo a vagonate.
- Conto alla rovescia: nel film tutto si deve risolvere entro 2 giorni, altrimenti sono guai.
- Twist finale con tanto di montaggio per farti capire che c’erano indizi lungo tutto il film. Bonus: il twist è piuttosto intelligente, giocando più con il COME rispetto al CHI (bonus nel bonus: capisci chi è il CHI dopo 14 secondi, quindi ti senti anche un po’ intelligente).
- Durata: sotto le due ore. Non uno shottino di 90 minuti ma neanche un mattone di 3 ore.
- Bello a vedersi: nulla da spiegare. Vetta assoluta la nevicata finale.
Detto questo, dubito che The Message cambierà qualcosa. Rimane comunque la testimonianza che i produttori cinesi stiamo imparando a cesellare i loro prodotti al millimetro, riuscendo nel miracolo di ottenere film qualitativamente inattaccabili ma perfetti per sfondare il botteghino.
Ripeto, a qualcuno saranno incominciate a fischiare le orecchie.
5 commenti:
Ciao, volevo sapere se avevi visto IP MAN (del 2008). E, nel caso, cosa ne pensi.
Mi spiace, non sono riuscito a vederlo per motivi sentimentali. Il decadimento di Wilson Yip mi fa troppo male...
Anche sui 400 Calci hanno fatto un post sulla questione "I cinesi sanno fare i blockbuster? E, se si, perchè in Occidente non li vedremo al cinema?".
Qui=>http://www.i400calci.com/2010/03/estetica-e-sociologia-e-robot-giganti/
P.S. Se ti va, vieni a dare un'occhiata al mio nuovo blog su satira e cultura inglese=>http://tea-roominthewasteland.blogspot.com/
Cheerio!
Sì, l'articolo dei 400 Calci l'ho letto pure io. Si vede che ormai l'argomento è nell'aria.
Bello il blog sulla satira inglese, ma dal tuo profilo ero arrivato anche a un sito dove si potevano scaricare spettacoli di satira sottotitolati. Grandioso! C'erano spiegati anche i giochi di parole. Grazie a voi che vi sbattete così tanto!
Si, infatti, collaboro anch'io a ComedySubs. Lieto che il nostro lavoro ti piaccia. Il blog l'ho aperto, diciamo come approfondimento sulla satira inglese, visto che ultimamente mi sto interessando ai comici britannici(il primo di cui abbiamo sottotitolato uno spettacolo è stato Ricky gervais).
Ci saranno novità interessanti su quel fronte, quest'anno.
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