Siete tra quelli che solitamente propendono per prodotti a base di spadoni, uomini vestiti di pellicce ed epiche battaglie? Bene, risparmiate qualche soldo e lasciate Northlanders sullo scaffale. Perché l’ultima fatica di Brian Wood e Davide Gianfelice (senza dimenticare le cover di Massimo Carnevale) è prima di tutto un fumetto duro, sgradevole e per nulla conciliante. Mi spiace, nessun segno di eroi e paladini tra queste pagine.
Ciclicamente compare sul mercato un’opera di narrazione che permette a chiunque di affermare con aria saccente “il vero protagonista è il set dove si consumano le vicende”. Gli esempi si sprecano, ma sono pochissime le occasioni in cui corrispondono al vero. Il primo volume di Northlanders è una di quelle. La Norvegia di cui si parla non è solo un contenitore comune per diverse vicende, ma è un attore importantissimo nello sviluppo delle psicologie e degli snodi narrativi.
Sven fugge dalla sua Norvegia, incapace di adattarsi ai miti e alle tradizioni inumane che la caratterizzano. Dopo mesi di navigazione raggiunge il Mediterraneo. Lì viene forgiato come abile e scaltro guerriero, vive la sua vita accanto a una stupenda mercante e passa il proprio tempo tra fiumi di denaro e i piaceri della carne. Tutto sembra andare per il meglio ma il desiderio (o almeno lui cerca di giustificarsi così) di impossessarsi della sua fortuna ereditaria (Sven è figlio di un nobile) lo spinge a tornare nelle sue terre natali. Dove incomincerà un' inarrestabile metamorfosi.
Il nostro protagonista passerà in poco tempo dal deridere i costumi barbari del suo popolo, dove anche il migliore degli aldilà non è che un illusione fatta di sangue e lerciume, al vivere in una capanna dispersa tra gli spazi infinti di una landa bruciata dal freddo. Circondato da cadaveri nemici. La sua stessa fisionomia muta, finendo per assomigliare sempre più ai nativi. Una trasformazione che avrà il suo effetto più radicale nel passaggio da avido saccheggiatore, del tutto disinteressato al futuro dei norvegesi, a degno signore del suo popolo. Uno che per la sua gente è disposto a passare il proprio titolo nobiliare al peggior aguzzino del villaggio.
Un gran fumetto, che conferma il talento di Brian Wood. Peccato che anche in questo caso l’autore statunitense si confermi incapace di gettare le basi per archi narrativi più lunghi di un pugno di uscite (vedi DMZ). Gianfelice e Carnevale praticamente perfetti, non una sbavatura in tutto il tomo. Nessuna cessione ai luoghi comuni o alla facile retorica visiva, con le tavole che riescono ad arrivare a eccessi di crudezza (mai gratuitamente splatter) difficilmente digeribili.
Ciclicamente compare sul mercato un’opera di narrazione che permette a chiunque di affermare con aria saccente “il vero protagonista è il set dove si consumano le vicende”. Gli esempi si sprecano, ma sono pochissime le occasioni in cui corrispondono al vero. Il primo volume di Northlanders è una di quelle. La Norvegia di cui si parla non è solo un contenitore comune per diverse vicende, ma è un attore importantissimo nello sviluppo delle psicologie e degli snodi narrativi.
Sven fugge dalla sua Norvegia, incapace di adattarsi ai miti e alle tradizioni inumane che la caratterizzano. Dopo mesi di navigazione raggiunge il Mediterraneo. Lì viene forgiato come abile e scaltro guerriero, vive la sua vita accanto a una stupenda mercante e passa il proprio tempo tra fiumi di denaro e i piaceri della carne. Tutto sembra andare per il meglio ma il desiderio (o almeno lui cerca di giustificarsi così) di impossessarsi della sua fortuna ereditaria (Sven è figlio di un nobile) lo spinge a tornare nelle sue terre natali. Dove incomincerà un' inarrestabile metamorfosi.
Il nostro protagonista passerà in poco tempo dal deridere i costumi barbari del suo popolo, dove anche il migliore degli aldilà non è che un illusione fatta di sangue e lerciume, al vivere in una capanna dispersa tra gli spazi infinti di una landa bruciata dal freddo. Circondato da cadaveri nemici. La sua stessa fisionomia muta, finendo per assomigliare sempre più ai nativi. Una trasformazione che avrà il suo effetto più radicale nel passaggio da avido saccheggiatore, del tutto disinteressato al futuro dei norvegesi, a degno signore del suo popolo. Uno che per la sua gente è disposto a passare il proprio titolo nobiliare al peggior aguzzino del villaggio.
Un gran fumetto, che conferma il talento di Brian Wood. Peccato che anche in questo caso l’autore statunitense si confermi incapace di gettare le basi per archi narrativi più lunghi di un pugno di uscite (vedi DMZ). Gianfelice e Carnevale praticamente perfetti, non una sbavatura in tutto il tomo. Nessuna cessione ai luoghi comuni o alla facile retorica visiva, con le tavole che riescono ad arrivare a eccessi di crudezza (mai gratuitamente splatter) difficilmente digeribili.
4 commenti:
applausi scimmietta, applausi!!!
per rimanere in tema:
http://www.youtube.com/watch?v=BqGUlWGUePw
pensavo mi proponessi Mother North! Comunque a me non sembra tradotto così male, anzi. Poi più l'originale è stringato più è difficile adattarlo alla nostra lingua.
ho avuto la possiblità di leggere i primi due volumi originali e la narrazione di wood è feroce e sanguigna. un autentico sballo.
nella versione italiana i dialoghi e il narratore sono troppo macchinosi e poco efficaci. si perde tutto il sapore di selvaggio.
e nei momenti top la nuvoletta risolve con un "merda" che, sì, è lo "shit" originale ma... nel periodo proprio non funziona!
o magari è stato il mio colpo di fulmine con gli albetti vertigo a bruciare tutto... boh...
e comunque i grand magus mi fanno impazzire!
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