martedì 26 maggio 2009

Antichrist di Lars Von Trier: l'autorialità del supplizio

Nessun tipo di umorismo. Nessuna citazione cult (a meno che non consideriate cult Tarkovskij). Nessuna concessione a un’estetica vintage o riconducibile al pop. Nessuna cazzata sovrannaturale. Fortunatamente non ci sono neppure segnali del famigerato Dogma95. Quello che rimane dopo un tale processo di spoliazione è uno dei più riusciti lavori del danese Lars Von Trier e, senza dubbio, il miglior horror occidentale da molti anni a questa parte.



Prima di tutto Antichrist recupera quell’affastellarsi di letture e significati che, prima del cannibalismo degli ultimi 15 anni, da sempre contraddistingue il cinema della paura. Lars Von Trier ci consegna un film d’autore travestito da film di genere, o viceversa. Non occorre che si stia a parlare del vero significato della pellicola e dei suoi temi. Allo spettatore smaliziato, e quindi spettatore medio di certo cinema, la parabola sul senso di colpa apparirà chiara ed esplicita. Quello che colpisce è il rifiuto da parte di molti fruitori di definire Antichrist un horror proprio in virtù della sua complessità e profondità, segno di quanto questo genere sia stato svilito nelle ultime stagioni. Destino comune anche al suo fratello minore, quel noir che ora pare unicamente territorio per investigatori falsamente anti convenzionali e scaramucce di provincia.



L’ultimo parto del regista di Dogville è un film sgradevole, privo di ritmo e dall’atmosfera malsana. Ma anche raffinatissimo, ricercato e di una bellezza formale spiazzante. Capace di trarre ispirazione tanto dalla videoarte (il tempo congelato di Bill Viola) quando dal linguaggio della pubblicità (la campagna pubblicitaria per PS2 a opera di David Lynch), Antichrist non concede nulla al caso. Il disperato erotismo dei primi strazianti minuti (infamante definire pornografia un segmento di cinema solo in virtù di una penetrazione esplicita), la violenza antiestetizzante del finale apocalittico, le allucinazioni arcane: tutto è dipinto con pennellate plumbee e senza vita. Impianto sonoro da pugno allo stomaco, sia per i pochissimi minuti musicati (prologo e epilogo) che per il reparto rumorista.



Opera falsamente esoterica, risulta invece visceralmente legata al corpo e alla sua fisicità terrena. Così anche il grandguignol passa da ciarpame torture porn a metafora funzionale alla narrazione. Le scene incriminate dal pubblico di Cannes (infibulazioni a pieno schermo, eiaculazioni di sangue) sono la cosa più lontana che si possa immaginare dalla sterile provocazione di un Eli Roth qualsiasi. Ogni atrocità ha un suo perché, riesce a essere contestualizzata e non potrebbe essere altrimenti, rendendo cosi il lungometraggio incensurabile. A meno che non se ne desideri snaturare il messaggio e il nucleo. Dura poter dire qualcosa di simile di un Saw a caso.



Antichrist non piacerà all’amante del cinema di genere, così come scontenterà chi frequenta i cinema d’essai. Perfetto.

21 commenti:

Faust VIII ha detto...

A parte quanto hai detto nella recensione, qual è il motivo primario per lo scherno di pubblico e critica di cui è stato vittima questo film? La conclusione è che, nonostante tutte le prediche sul cinema indipendente o controcorrente, se ci sono scene esplicite a pieno schermo, anche se sono funzionali alla storia, sono sufficienti a far rigettare il film dai critici?

MA! ha detto...

Il film è stato deriso perchè è di Lars Von Trier. A priori. E' sempre la stessa regola per cui ogni cagata fatta dal Taranta deve essere un capolavoro. Neppure io adoro Lars (anzi...) ma questo film è una bomba. E poi non capisco dove sia la malizia e la furbizia di mostrare una mutilazione genitale in primo piano. La provocazione fatta per furbizia deve essere una finta provocazione, qualcosa che sollevi un polverone ma neanche troppo. Qui invece i limiti del visibili si sorpassano tranquillamente.

Faust VIII ha detto...

Capito. E'un peccato, perchè se i critici si comportano come i prof che ti danno i voti a prescindere dall'interrogazione perchè "si sono fatti un'idea di te", il cinema non si potrà mai evolvere.

:A: ha detto...

La critica è morta, Faust(e ricordati che chi sa fare, fa, e chi non sa fare, critica).

rae ha detto...

von trier fa di tutto per farsi odiare. è un signor cineasta che ha fatto della provocazione e dell attention whoring cifra stilistica del suo essere artista. Non voglio fare la solita tirata sul "purchè se ne parli", perche la provocazione di von trier è sempre, se non intelligente, costruttiva (o ci prova).

non condivido :A: nel suo impietoso giudizio sulla critica (cheoltretutto è sbagliato: chi sa fa, chi non sa insegna e chi non sa insegnare fa critica).

rae ha detto...

non ho messo la conclusione: la critica si presta a questo teatrino, non puo' fare altrimenti.

Giangidoe ha detto...

Io ho letto una doppia recensione su FilmTv dove davano sia un giudizio molto positivo che uno molto negativo, e devo dire che in qualche modo mi ha incuriosito (e convinto) di più quella positiva.
Inoltre, cosa che non mi capita mai in questo blog, stavolta mi sono stupito nel riconoscere tutti gli artisti e le opere citate nel post (Bill Viola e gli spot PS2 di Lynch in primis).
Non rimane che andarlo a vedere. Magari da solo, stavolta, ma pazienza...

MA! ha detto...

Antichrist è un film che va visto. Magari non piace (facile) ma almeno muove qualcosa. Lo dice uno che non ha mai sopportato il danese. Bisogna saper riconoscere un buon lavoro quando lo si ha davanti agli occhi.

Questione critica: che la critica sia agonizzante è una dolorosa realtà. Direi che per dargli una bella pompata di vita si dovrebbero eliminare tabelle e tabelline dai giornali, oltre che trafiletti e articoli da mezza pagina. Poi taglierei anche le interviste con l'artista e tutti gli eventuali incontri. A quel punto non si può che fare una cosa: analizzare e contestualizzare l'opera. Analiticamente, chirurgicamente e senza impianto emotivo. Si dovrebbe giustificare tutto e ricondurre ogni intuizione a un precedente celebre o a un ragionamento logico senza buchi. Insomma, costruire un testo articolato, ricco e che porti avanti una tesi coerente. Ben diverso da qualche paragrafo letto su di un blog tra 1000. Occorre lavoro, dedizione e cultura. In poche parole occorrono critici che vogliano fare i critici, non coglionazzi che fanno la gara a chi la spara più grossa. Detto questo, non direi che chi critica lo fa perchè non riesce a fare di meglio: la critica è una vocazione ben diversa dal creativo. Truffaut parte come critico, non come regista. E poi basta leggere cosa crisse a suo tempo quel genio di Wilde circa il critico come artista della realtà mediata. Smembrare un opera e capire perchè funziona non è affatto facile come sembra. Sempre che lo si faccia seriamente.

Giangidoe ha detto...

Guarda, non sono troppo d'accordo.
Credo che le tabelle e tabelline (o i pollici versi o alti) dei giornali più diffusi non si prefiggano gli stessi obiettivi "subacquei" di ampi articoli critici -o semiotici- di riviste o di saggi specialistici. Anche perchè credo che spesso ci siano penne davvero molto preparate, che però non sempre possono dare un contributo ampio e strutturato nelle sedi in cui sono ospitate (dove magari prevalgono meri propositi di guida alla visione, o di stimolo all'approfondimento).
Stessa cosa vale per le esternazioni dell'artista, che talvolta possono essere delle vere e proprie chiavi di lettura della sua opera (e che la critica spesso utilizza -bene o male- per costruire le proprie tesi sull'autore).

Parlando con un'amica storica e critica d'arte, lei mi diceva, a proposito di questo annoso tema della nobiltà o meno della critica, che in realtà per lei (e per molti suoi colleghi ed insegnanti) la critica non è uno strumento affabulatorio di pura speculazione, bensì uno strumento di analisi quasi esatto. come a dire che non basta padroneggiare il lessico specialistico per sostenere qualche tesi che non corrisponde alle vere intenzioni dell'autore o della sua opera.
E sebbene su questa affermazione io possa essere meno ottimista di lei, mi trovo abbastanza d'accordo sull'idea generale.

Faust VIII ha detto...

@ :A: La critica è morta o è morto il cinema?(vabbè, provocazione un po' becera, vero?)
Poi, mi viene in mente quello che ha detto bucknasty a Repubblica:"Solo i peggiori nichilisti pensano che criticare e decostruire sia una forma d'odio."

:A: ha detto...

Faust: la critica è morta, o meglio "quella definita tale".
Ho fatto un intervento al LitCamp di Torino proprio su questo argomento...che qualche nervo scoperto lo tocca, evidentemente, dato che una critica presente in sala si è notevolmente incazzata.
Per quanto riguarda la letteratura, comunque, ribadisco il mio concetto: che i migliori critici sono gli scrittori.
Non a caso l'unico intervento critico degno di nota degli ultimi anni l'ha realizzato uno scrittore, ovvero Wu Ming 1, con il suo memorandum sul New Italian Epic.
Beh, NESSUN cosiddetto critico è stato in grado di rispondere in maniera argomentata.
L'unica persona che ha criticato argomentando è stato Tiziano Scarpa.
Un altro scrittore.
Non è un caso, e resto sulle mie posizioni, anche se so che non tutti condividono.

Il cinema NON è morto. L'arte in generale non lo è. Vengo qui sul blog di Ma! proprio perchè vedo esempi da varie parti del mondo che si può essere creativi, anzi ipercreativi, basta uscire da certi "schemi mentali" (termine molto impreciso, ma giusto per capirci).

Faust VIII ha detto...

Capisco. Il problema, però, è che anche se si fa qualcosa di originale a livello filmico in Paesi che non sono i "pusher" dell'Italia(America in primis), questi prodotti vengono guardati con sospetto e poi non vengano localizzati nella nostra lingua(o sottotitolati, insomma che non vengano proprio importati nei cinema italiani), solo per non distaccarsi dalla sbobba rassicurante che ci viene sempre propinata. E' vero che se conosci la lingua e hai le possibilità, puoi recuperare il DVD e goderne nel tuo salotto, ma è mortificante che bisogna fare i carbonari per vedere qualcosa di interessante, solo per la paura dei distributori di portare a noi un prodotto diverso(e che merita)per la logica di mercato...

:A: ha detto...

Vero.
Vero anche che il sistema di produzione "rassicurante" secondo me è al collasso, e prima o poi l'estremo o certi estremi diventeranno mainstream "obbligatoriamente".
Penso alla Bizarro Fiction in letteratura, ma penso anche che certe cose che negli anni '80 vedevi solo in video-arte, come proiettare due minuti di rivoli di sangue su un lettino per autopsia, adesso siano stati ampliamente metabolizzati, per cui un episodio di CSI può tranquillamente concludersi così (appunto con due minuti di sangue sul lettino).

E poi non mi dispiace "essere avanti", io sono un elitista, in fondo. ;-)

MA! ha detto...

@Giangi: guarda che la pensiamo allo stesso modo. Pure io dico che ci sono in giro delle grandi penne (Pier Maria Bocchi, Pezzotta,Claudio Sorge per la musica) ma il problema è che pochi si prendono il tempo per leggersi un articolo su Cineforum. perchè lì c'è critica, non ovunque trovo due righe che parlano di cinema.

@tutti: grazie di cuore per gli interventi. Non è così scontato avere dei lettori così attenti e intelligenti.

Faust VIII ha detto...

Si, ma poi vengono sempre fatti discorsi anti-elitsisti. Un po' come sono le conduzioni della Bignardi, che ha la sindrome del contadino di Poggio Versezio...

:A: ha detto...

Non so cosa dica la Bignardi, e manco me ne frega.
Non guardo la Tv, io.
Elitista, ricordi? ;-)

Faust VIII ha detto...

Fai bene direi, caro :A:

:A: ha detto...

Yo! ^___^

Faust VIII ha detto...

@MA: :D

rae ha detto...

visto e concordo con la recensione tutta. non ti ha ricordato Vital? la fotografia, l impianto sonoro e certe tematiche mi hanno ricordato il film di Tsukamoto.

MA! ha detto...

A livello fotografico mi ha ricordato un incrocio tra Snake of June (le parti virate) e Vital (le parti leggermente fuori fuoco, illuminate con fasci di luce morbidi). A livello di tematiche non sò, dovrei riguardarmi il film di Tsukamoto (che sacrificio!). Grazie comunque per il consiglio!