Che cosa rende un libro di critica cinematografica un GRANDE libro di critica cinematografica? Prima di tutto, condicio sine qua non, conoscenza seria e approfondita del materiale di partenza (fattore non del tutto scontato). Da questo dovrebbe derivare una tesi e una serie di argomentazioni utili a bloccarne ogni tipo di confutazione. A questo punto ci si deve munire di capacità linguistiche tali da permetterci di esprimere le nostre idee in maniera non fraintendibile. Tutto senza dimenticare il motore primo di questo tipo di opere: un amore viscerale per il medium dalle immagini in movimento. E, credeteci o meno, Seagalogy ha tutto questo. E forse qualcosa di più.
Vern ci consegna un tomo dal peso non indifferente, dove la carriera di Steven Seagal viene divisa in tre grosse stagioni e anche il più scrauso dei suoi film finisce per meritarsi un pugno di paginette. Un trattamento che restituisce dignità a tutta una serie di prodotti etichettabili sicuramente come serie B (non stiamo ad arrampicarci sugli specchi), ma non per questo passibili di snobismo o superficialità. Contrariamente a quello che ci si aspetta, questo Study of the Ass-Kicking Films of Steven Seagal non è un libro comico, ne tantomeno un trattato costruito su prese in giro nei confronti dell’ex istruttore di aikido. Eppure durante la lettura vi ritroverete a rotolare dalla sedia più di una volta, con le lacrime agli occhi e questo capolavoro stretto tra le dita. Tutto senza che questo vada a scalfire minimamente il valore dell’analisi portata avanti da Vern. Perché, come nei libri seri, anche in questo ci sono i confronti tra copione e filmato, le dissezioni dei primissimi script e la ricerca di affinità tra le varie sortite di Steven. Dannatamente serio, minuzioso, certosino. E altrettanto divertente. L’autore riesce a dribblare con eleganza il rischio dell’umorismo da nerd (quella variante di comicità tanto supponente e saccente quanto perfetta nel descrivere l’inetto di Svevo), evitando pure di cadere nella trappola della mediocrità a buon mercato. Esilaranti le ricerche sulla figura del barista nella filmografia di Steven (con il grande mistero legato proprio al suo debutto Nico, dove il barman continua a comparire nei momenti più inaspettati e nei titoli di coda viene definitivo come “CIA barman”) o i continui confronti con gli altri action hero del periodo (vi siete mai immaginati Van Damme fermarsi ad ammirare un cavallo selvaggio? No. Bruce Willis? Nemmeno. Interessante come Vern faccia notare che l’unico attore extra Seagal a potersi permettere tale manifestazione di sensibilità animalista sia Tony Jaa. Se al posto di un cavallo ci fosse un elefante).
Lungo le 350 pagine di questo manifesto ci si prende anche la briga di dare una definizione al cosiddetto kick ass movie, genere prediletto dall’italo americano nella prima parte della sua carriera (fino a Trappola in alto mare, non compreso). Tanta brutalità, nessun tipo di ironia (volontaria) e un protagonista sospeso tra il granitico e il monodimensionale. Come dice Vern, tanto duro da distinguere un esplosivo semplicemente annusandolo (scena presente in Nico!).
In conclusione un libro perfetto. Oltre che un sonoro calcio nel culo a certa critica da salotto, ferma a certi standard morti 50 anni fa.
Vern ci consegna un tomo dal peso non indifferente, dove la carriera di Steven Seagal viene divisa in tre grosse stagioni e anche il più scrauso dei suoi film finisce per meritarsi un pugno di paginette. Un trattamento che restituisce dignità a tutta una serie di prodotti etichettabili sicuramente come serie B (non stiamo ad arrampicarci sugli specchi), ma non per questo passibili di snobismo o superficialità. Contrariamente a quello che ci si aspetta, questo Study of the Ass-Kicking Films of Steven Seagal non è un libro comico, ne tantomeno un trattato costruito su prese in giro nei confronti dell’ex istruttore di aikido. Eppure durante la lettura vi ritroverete a rotolare dalla sedia più di una volta, con le lacrime agli occhi e questo capolavoro stretto tra le dita. Tutto senza che questo vada a scalfire minimamente il valore dell’analisi portata avanti da Vern. Perché, come nei libri seri, anche in questo ci sono i confronti tra copione e filmato, le dissezioni dei primissimi script e la ricerca di affinità tra le varie sortite di Steven. Dannatamente serio, minuzioso, certosino. E altrettanto divertente. L’autore riesce a dribblare con eleganza il rischio dell’umorismo da nerd (quella variante di comicità tanto supponente e saccente quanto perfetta nel descrivere l’inetto di Svevo), evitando pure di cadere nella trappola della mediocrità a buon mercato. Esilaranti le ricerche sulla figura del barista nella filmografia di Steven (con il grande mistero legato proprio al suo debutto Nico, dove il barman continua a comparire nei momenti più inaspettati e nei titoli di coda viene definitivo come “CIA barman”) o i continui confronti con gli altri action hero del periodo (vi siete mai immaginati Van Damme fermarsi ad ammirare un cavallo selvaggio? No. Bruce Willis? Nemmeno. Interessante come Vern faccia notare che l’unico attore extra Seagal a potersi permettere tale manifestazione di sensibilità animalista sia Tony Jaa. Se al posto di un cavallo ci fosse un elefante).
Lungo le 350 pagine di questo manifesto ci si prende anche la briga di dare una definizione al cosiddetto kick ass movie, genere prediletto dall’italo americano nella prima parte della sua carriera (fino a Trappola in alto mare, non compreso). Tanta brutalità, nessun tipo di ironia (volontaria) e un protagonista sospeso tra il granitico e il monodimensionale. Come dice Vern, tanto duro da distinguere un esplosivo semplicemente annusandolo (scena presente in Nico!).
In conclusione un libro perfetto. Oltre che un sonoro calcio nel culo a certa critica da salotto, ferma a certi standard morti 50 anni fa.
2 commenti:
Ovviamente te lo sei procurato e letto in inglese...
Ma chissà semmai qualcuno lo pubblicherà qui da noi!
Fossi in qualche editore assennato (e con mezzi seri) lo farei al volo. Se ben pubblicizzato (sopratutto nel modo giusto, conoscendo il target di pubblico) sto libro rischia di vendere come il pane.
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