venerdì 15 agosto 2008

Thunderbolts: Faith in Monster pt.1 di Warren Ellis e Mike Deodato Jr

Pare incredibile, ma il fumetto più politico mai scritto da Warren Ellis esce per la Marvel. Perché, senza bisogno di splatter o turpiloquio, questi nuovi Thunderbolts non sono altro che una versione corporated dell’Arancia a Orologeria di Burgess, portando veramente a compimento quello che la Guerra Civile di Millar ha solo abbozzato. Tutta la differenza tra american hero e super terrorista (per dirla alla Ultimates) sta in un piccolo distintivo metallico da portare con fierezza, mentre si eseguono gli ordini che arrivano dal c.d.a. di qualche multinazionale.



Più che dalle parti di Authority (run di Millar) siamo nei pressi dello Sleeper di Ed Brubaker, privato di tutta la parte spionistica ma rafforzato con l’ottica antagonista dello Starship Trooper di Paul Verhoeven. E infatti non è un caso che buona parte dei superumani non registrati presi di mira dai Thunderbolts si fregi della bandiera a stelle e strisce ben visibile sulla divisa.



Nell’ HC statunitense troviamo la prima parte della saga Faith in Monster (oltre che un paio di storie brevi legate a Civili War e a un one shot a opera di Paul Jenkins), mostrandoci impietosamente cosa succederebbe se dietro agli Ultimates ci fosse Norman Osbourne piuttosto che Samuel L. Jackson. Raid disastrosi, intrighi e nessuna attenzione per i danni collaterali. Con Bullseye a risolvere i problemi. Un tour de force di follia che quasi irrita (volutamente) per l’inconcludenza e la mancanza di coordinazione che questo team dimostra a ogni occasione, raccontandoci con un ottica tra realismo e ironia il risultato di un team up a stipendio fisso tra criminali e outsiders.

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A differenza del capolavoro Nextwave questo nuovo progetto del prolifico Warren non prende neppure in considerazione l’ipotesi del meta fumetto, preferendo un continuo contatto con il mondo reale e l’attuale situazione sociopolitica.



Mike Deodato Jr stellare, mai a livelli simili e perfettamente sospeso tra realismo e stilizzazione. Un matrimonio perfetto tra sceneggiatura e tavola disegnata.


2 commenti:

Giangidoe ha detto...

Tutto vero.
E poi Norman con l'espressione di un Tommy Lee Jones sotto acido che sghignazza sudato, isterico ed ossessionato dietro una scrivania di potere non ha davvero prezzo.
Dà una dignità ancor più cinematografica ad un cattivo che meriterebbe un film a sè (questo di Ellis, appunto).

MA! ha detto...

Vero!