
Se anche per voi Chow Yun Fat è il miglior testimonial possibile per la Beretta, allora non vi posso che consigliare una visione di questo Red Cliff in modalità vhs porno. In altre parole, scavalcate le parti pallose e arrivate subito alle mazzate. Perché le parti pallose sono veramente pallose, mentre nelle scene più concitate la mano del nostro si vede tutta (anche se, è meglio dirlo subito, gli eccessi del passato rimangono lontani). Così, anche dopo anni di esilio statunitense e nonostante le limitazioni della produzione cinese, il buon John rimane comunque il Maestro del cinema action. Dimenticatevi le sterili contorsioni plastiche del cinese Zhang Yimou, l’anemia degli scontri e la fotografia linda e pulita. In Red Cliff il sangue si mischia alla polvere e al sudore, immerso in linguaggio cinema che riesce miracolosamente a unire zoomate exploitation, carrellate di un eleganza e di una sinuosità che lasciano senza fiato a rallenty tipicamente post moderni (tranquilli, ci sono anche i rallenty epici e i freeze frame immancabili in ogni film del Nostro). Non mancano scivoloni e cadute di stile (quando il cinema di HK ne ha fatto a meno?) ma gli scavallamenti di campo, i dolly sinuosi, le prospettive inusuali e le steady di chiara scuola Ching Siu Tung riescono comunque a farci dimenticare tutto e a immergerci , ancora una volta, in quegli eroici bagni di sangue.
Se solo tutto questo fosse successo nell’ex colonia inglese, con i suoi budget risicati e la sua libertà d’espressione impagabile, magari adesso staremmo gridando al capolavoro. Non è così, ma poteva anche andare molto peggio.
2 commenti:
Mandami una mail scimmia °_°! Ciao e un abbraccio!
Fatto!
Posta un commento