Un giovane viene assunto come guardiano in un moderno palazzo nel centro di Hong Kong. Poco alla volta i suoi colleghi verranno eliminati in modi sempre più misteriosi e inspiegabili, attirando l'attenzione di un monaco e del protagonista stesso. Presto arriverà la sconvolgente spiegazione, ma ormai sarà troppo tardi...
The Imp rappresenta la quintessenza di quello che era il cinema di Hong Kong durante il suo ventennio d’oro. Che, senza aver paura di spararle grosse, è a sua volta la quintessenza del cinema fantastico. Perché in pochi altri momenti della storia cinematografica si è avuta una tale urgenza di raccontare senza avere la possibilità di mostrare nulla.
Oggi come oggi si vive nella pornografia dell’FX, dopo certe visioni (Star Wars – Episodio 3, Iron Man, Transformers,…) si è acquisita la certezza che oramai tutto quello che un regista può immaginare, lo può benissimo mostrare anche al suo pubblico. Gambizzando la magia del cinema, quell’essenza illusoria fatta di raccordi di montaggio miracolosi, inquadrature tagliate al punto giusto e giochi di specchi. Nel corso di anni tanti autori ci hanno ingannato, penso soprattutto al primo Sam Raimi o al sommo Mario Bava, e noi eravamo ammaliati dai loro scherzi e dalle loro trovate tra il geniale e il baracconesco. Senza scadere nell’apologia nostalgica e didascalica non è delitto dire che l’uso improprio della computer grafica ha soffocato il nostro stupore. Non il cosa ma il come, e il sapiente utilizzo che alcuni cineasti fanno di questa straordinaria tavolozza sta a dimostrarlo (I'm a cyborg, but that's ok di Park Chan Wook è l’esempio perfetto, ma penso anche alla fantascienza pornografica di Verhoeven o agli esperimenti di Chris Cunningham). The Imp è agli antipodi di tutto questo.
Se la storia lascia il tempo che trova, la messa in scena merita tutta l’attenzione possibile. Perché sullo schermo vedrete spiriti, palazzi posseduti, omicidi sovrannaturali, fenomeni inspiegabili. Ma in realtà le vostre retine staranno catturando solamente teli svolazzanti, fumo e luci. Scelte a volte ingenue, a volte eccellenti, ma che in qualunque caso valgono più di ogni sequenza da 150 milioni di dollari. Perché costruire un film solido, teso, con un ritmo che trattenga lo spettatore fino al delirio finale non è roba da tutti. Quando poi il budget è inesistente e il set una città sull’orlo di una crisi che potrebbe essere irreparabile allora siamo nel campo del miracolo. Eppure The Imp è quintessenza, non eccezione.
Oggi come oggi si vive nella pornografia dell’FX, dopo certe visioni (Star Wars – Episodio 3, Iron Man, Transformers,…) si è acquisita la certezza che oramai tutto quello che un regista può immaginare, lo può benissimo mostrare anche al suo pubblico. Gambizzando la magia del cinema, quell’essenza illusoria fatta di raccordi di montaggio miracolosi, inquadrature tagliate al punto giusto e giochi di specchi. Nel corso di anni tanti autori ci hanno ingannato, penso soprattutto al primo Sam Raimi o al sommo Mario Bava, e noi eravamo ammaliati dai loro scherzi e dalle loro trovate tra il geniale e il baracconesco. Senza scadere nell’apologia nostalgica e didascalica non è delitto dire che l’uso improprio della computer grafica ha soffocato il nostro stupore. Non il cosa ma il come, e il sapiente utilizzo che alcuni cineasti fanno di questa straordinaria tavolozza sta a dimostrarlo (I'm a cyborg, but that's ok di Park Chan Wook è l’esempio perfetto, ma penso anche alla fantascienza pornografica di Verhoeven o agli esperimenti di Chris Cunningham). The Imp è agli antipodi di tutto questo.
Se la storia lascia il tempo che trova, la messa in scena merita tutta l’attenzione possibile. Perché sullo schermo vedrete spiriti, palazzi posseduti, omicidi sovrannaturali, fenomeni inspiegabili. Ma in realtà le vostre retine staranno catturando solamente teli svolazzanti, fumo e luci. Scelte a volte ingenue, a volte eccellenti, ma che in qualunque caso valgono più di ogni sequenza da 150 milioni di dollari. Perché costruire un film solido, teso, con un ritmo che trattenga lo spettatore fino al delirio finale non è roba da tutti. Quando poi il budget è inesistente e il set una città sull’orlo di una crisi che potrebbe essere irreparabile allora siamo nel campo del miracolo. Eppure The Imp è quintessenza, non eccezione.
1 commento:
Bella rece!
Non conoscevo affatto il film...
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