Il primo post post-Lucca non poteva che essere 100% nerd. Mi sembra un modo carino per ringraziare tutti quelli che sono passati a trovarmi allo stand Passenger Press (in particolare il fenomenale Paolo). Mi stupisco sempre di quanto queste paginette siano apprezzate e non posso che ringraziare commosso per tutta la fiducia che avete in me. Ora, finiti i dovuti convenevoli, partiamo con la recensione.
Se esiste un’opera simbolo della cultura pop questa non può essere che la trilogia originale di Star Wars. In tutta la produzione moderna e contemporanea (cinematografica, fumettistica, narrativa o videoludica) non esiste qualcosa che sia stato altrettanto amato e integrato in maniera così organica (e capillare) nell’immaginario collettivo. Prendete 24 ore di programmazione televisiva a caso. Ci troverete almeno una mezza dozzina di riferimenti alla space opera di George Lucas. E nessuno di questi richiami avrà un carattere puramente canzonatorio o parodistico, come invece avviene quando si tirano in ballo kolossal alla LOTR o Avatar. Alla stessa maniera non esiste titolo cinematografico che possa vantare un numero così folle di rifacimenti e spin-off a opera dei fan. Per quanto Lucas non ci voglia credere e si opponga a ogni modo a questo fatto è inequivocabile che Guerre Stellari sia patrimonio comune. E proprio da questo presupposto parte The People vs George Lucas.
Il fattaccio che da il via al tutto è la scelta del regista statunitense di eliminare definitivamente le versioni originali dei suoi film, tutto a favore delle extended cut. Come tutti ben sapranno il problema non sono i 4 x-wing aggiunti in digitale o la ridicola comparsata di Jabba the Hut, ma la presenza di nuove scene che stravolgono il senso dell’opera. Si parla naturalmente dello scontro Han Solo / Greedo e dell’urlo di dolore di Darth Vader. Se nel 1977 Han era un farabutto privo di scrupoli e Dart Fener un burattino senza sentimenti, nel 1997 diventano un pilota che si deve difendere a ogni costo e un padre dilaniato per la perdita del figlio. Capite da soli quanto questo cambi le carte in tavola. E quanto sia irritante che a portare avanti questa farsa sia un regista noto per le sue crociate contro la ri-colorazione dei vecchi film in bianco e nero.
Il documentario di Alexandre O. Philippe si presenta come una lunga serie di interviste ad appassionati, geek e addetti ai lavori. Tutto intervallato da microspezzoni tratti dai famosi rifacimenti a opera dei fan della saga. Come al solito quando si parla di Luke Skywalker e compagnia l’attenzione non è rivolta veramente ai fatti, ma più che altro alla carica emotiva trasmessa da questa pellicola ai suoi spettatori. Vedere per l’ennesima volta persona adulte (apparentemente prive di turbe sociali) ammettere che la trilogia originale è uno dei mattoni (se non IL mattone) su cui hanno costruito tutta la loro vita emoziona sempre e ci fa riflettere su quanto l’immaginario collettivo agisca su di noi. Ai quattro angoli del globo il percorso è bene o male uguale per tutti: si vede Una nuova speranza da bambini, si incominciano a leggere libri fantastici, si passa ai fumetti e intanto si continuano a divorare pellicole. Senza dimenticare giochi di ruolo, videogiochi e tutte le altre propaggini dell’intrattenimento di matrice fantasy o sci-fi. Su cento persone che leggeranno questa recensione non esagero se dico che almeno 95 rispecchieranno questo iter. E proprio per questo tutto il fandom mondiale ha ancora fiducia in George Lucas. Nonostante abbia speculato per anni sulla nostra passione, nonostante sia un regista mediocre, nonostante non abbia mai imparato a gestire la pressione (molto toccante il contributo da parte di Coppola su questo argomento). E questo amore lo si vede soprattutto dalle parodie, che non sono mai fini a se stesse ma denotano una conoscenza maniacale di un universo fittizio in costante espansione. Come si diceva sopra, non troverete mai una presa in giro di Star Wars veramente velenosa o pericolosa. Sono tanti buffetti, provocazioni da spogliatoio lanciate a un vecchio amico che si conosce fin troppo bene.
E allora cosa rimane di questo epocale scontro tra il re Mida degli effetti speciali e il suo popolo di fanatici? Una bella lettera d’amore travestita da ottimo documentario. Divertente, ritmato e sentito quanto basta per giustificare tutti i soldi che abbiamo speso per riempire quella libreria carica di fumetti alle nostre spalle (perché, puntualmente, ogni volta che si parla di Star Wars l’orgoglio nerd ribolle nelle vene). E chi se ne frega se Jar Jar e l’ultimo Indiana Jones (poteva non essere citato?) sono crimini contro tutti noi.
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