Otto non è quello ci si aspetta. Non è il solito trashone fatto di zombie, sangue e carnazza al vento (omo o etero che sia). Non è neppure un morboso porno gay fatto di corpi sudati e fluidi corporei. Otto; or, Up with Dead People è un film toccante, complesso, politico e molto più sovversivo (per linguaggio e contenuti ) di quello che si potrebbe pensare.
Tutto parte dal pellegrinare dello zombie adolescente Otto. Senza memoria (a parte occasionali flashback che ci rivelano il suo essere gay) e privo di piani per il futuro decide di dirigersi verso la capitale alternativa d’Europa: Berlino. Qui incontrerà la regista indipendente Medea, assieme a tutta la sua stralunata ciurma di artisti (prima fra tutti la fidanzata Hella, muta e in bianco e nero), che lo coinvolgerà nel suo ultimo capolavoro: Up with Dead People, cronaca dell’insurrezione degli omozombie nei confronti del mondo borghese.
Il regista Bruce LaBruce, noto per i suoi lavori a metà tra pornografia queer e avanguardia, costruisce una scatola cinese funambolica, dove trovano posto le vicende di Otto, il metafilm Up with Dead People, il making off di questo, veri filmati di bombardamenti e alcuni corti della protagonista femminile. Se in principio i confini sono ben definiti, mano a mano che l’opera procede questi si fanno sempre più sfumati, fino all’inevitabile cortocircuito finale. Nonostante i ritmi più da video arte che da cinema di genere, la cura formale dedicata all’insieme è strabiliante. Dai deflagranti simbolismi (Otto che si aggira senza meta in un parco pieno di finti dinosauri all’abbandono, il primo morso dato alla carne proprio nei pressi di un crocevia) alla numerose trovate meta filmiche (si passa da vere riprese notturne al classico effetto notte senza soluzione di continuità, la regista Medea da ordini al vero cameraman che riprende il cameraman all’interno del lungometraggio) tutto è calcolato al millimetro, compresa una stupenda colonna sonora capace di fondere suggestioni gotiche, pop minimalista e feroci abrasioni power noise.
Quello che colpisce maggiormente è come, nonostante diverse scene di sensualità esplicita e non certo carica di romanticismo, in primo piano ci siano sempre i sentimenti dello zombie Otto. Per rendere ancora più esplicita questa scelta esistenzialista LaBruce si rifugia in alcuni espedienti solo all’apparenza scontati: in un film quasi totalmente desaturato la scelta di rendere i flashback sudaticci, ipercolorati e dalla carica ormonale strabordante (come dovrebbero essere i ricordi adolescenziali di chiunque) ha un effetto straziante, proprio come le laconiche e statiche scene delle nottate passate immobile, incapace di dormire e privo di qualsiasi contatto umano (se non nei ricordi) ci ricordano quando deve essere duro risvegliarsi dalla morte.
Una grande prova per il cineasta canadese. Un’opera che si stacca con violenza da cliché e luoghi comuni di ogni ceppo da cui nasce, e per questo (tra gli altri motivi) giustamente premiata con il premio come miglior film al Mix Gay Film Festival di Milano dello scorso anno.
4 commenti:
Un'altra pellicola che recupererò difficilmente, ma che mi incuriosice un casino.
visto il trailer
ora ho il vomito
Manco io sono solito a visioni così esplicitamente queer (chiedere alla mia morosa per conferma) ma questo è veramente fico. Se si è infastiditi basta schippare le due-scene-due più esplicite. Il resto non non è nulla di diverso da quello che si vede in giro per le strade d'Europa (ma non Italia, ci mancherebbe....).
Veramente fico...sono stra-incuriosito!
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