Agli Ebola piace non piacere a nessuno. Perché impegnati in un percorso troppo personale per essere condiviso da altri. Con la volontà di essere sempre etichettati come qualcosa d’altro. Inscriverli nella nuova ondata death core vorrebbe dire svilirne il lato teatrale e melodrammatico, parlarne solo in virtù della violenza spietata unita alle melodie funeree non farebbe giustizia alla sensazione di apocalisse imminente come non si avvertiva con tale tanfo dall’ultimo Today Is The Day. Le sperimentazioni fanno debordare spesso e volentieri l’amalgama sonoro degli Ebola in territori impregnati dei liquami black metal, senza mai scordare un’urgenza febbricitante che non può che ricordare le derive death moderniste di Despised Icon e Beneath The Massacre. Tutto senza mai perdere un’immediatezza e una freschezza inauditi per il folto fronte dei talebani dell’elitarismo a ogni costo. Anche a costo di andare in contraddizione con l’avvio di questa recensione. Ed è proprio questo il punto, l’intelligenza di una band capace di toccare nell’arco di una stessa traccia punte di estremismo ferale e intuizioni (di suono come di struttura) accessibili a chiunque simpatizzi anche solo vagamente con certe sonorità. Senza dimenticare una costruzione dell’immaginario che sfocia in sussurri recitati, melodie d’altri tempi ed emotività da romanzo ottocentesco. E stiamo parlando solamente dell’anticipazione del disco che verrà. Speriamo il prima possibile.
Nessun commento:
Posta un commento