venerdì 7 ottobre 2011

Ucci, ucci,sento odor di... Red State di Kevin Smith (US/2011)



Pare che finalmente Kevin Smith sia riuscito a distaccarsi dalla sua trilogia del Jersey. Red State, parzialmente autoprodotto e autodistribuito, segna un nuovo punto di svolta per un regista che nel corso degli anni ha saputo soprattutto farsi voler bene. Questa è l’unica spiegazione al fatto che gli si continui a dare fiducia, tonfo dopo tonfo, nonostante ormai sia passato ben più di un decennio dal suo ultimo film veramente importante. Merito della sua trasparenza totale (che molti indicano come controproducente per la sua carriera) e del suo essere prima di tutto un fan con la fortuna di essere passato dietro la macchina da presa piuttosto che un regista in contatto con il suo pubblico. Dopo tutto si sta parlando di un personaggio che con i primi soldi guadagnati a Hollywood si è aperto una fumetteria, tanto sincero da ammettere senza difficoltà di aver passato i mesi seguenti al flop di Zack & Miri chiuso in casa a fumare erba e da aprire un blog dove parla della sua costante lotta con un fisico sovrappeso. Quando si è venuti a sapere che il suo prossimo progetto, un horror privo del suo solito tocco da commedia sboccata, sarebbe stato sviluppato in totale autonomia, lontano da ogni logica da multisala, la curiosità è salita subito alle stelle. E Red State ripaga tutta questa attesa alla grande.


Nonostante si parli di un film piccolissimo (neanche 90 minuti di durata, 2/3 location, sviluppo della trama minimo) il parto del nuovo Smith arriva al punto in maniera molto più diretta e brutale di tante megaproduzioni. La trama è presto spiegata: una setta cristiana che vede i gay come gli emissari di Satana sta scatenando un’ondata di violenza mentre un poliziotto vecchio e stanco (un enorme John Goodman) cerca in ogni modo di fermarli. Fine. Le tematiche catto-cristologiche da sempre presenti nella poetica di Smith (Dogma, Diavolo Custode, Reaper) questa volta sono presentate con foga quasi da torture porn, evitando ogni forma di ironia. L’ex commesso del New Jersey dimostra perfino di aver imparato qualcosina a livello di regia (alcuni frangenti della sparatoria finale sono clamorosi, da cardiopalma) anche se il meglio lo dimostra ancora una volta a livello di scrittura. Il lunghissimo monologo che introduce il reverendo Cooper va contro ogni luogo comune: il folle predicatore è un ammaliatore brillante e carismatico, lontano dal cliché del redneck con un plotone di figli deformi nascosti in cantina. La stessa costruzione della vicenda (che segue un ritmo sbilenco, con i personaggi sbattuti dentro e fuori come pupazzetti privi d’importanza) riserva qualche svolta non certo prevedibile, immergendoci in un mondo dove tutti appaiono arroccati alle proprie posizioni in maniera cieca e oltremodo stupida. E questo è anche il limite maggiore per un’opera che vuole essere prima di tutto ideologica. Smith punta il dito contro tutti, urlando (giustamente) quanto ogni forma di estremismo sia controproducente e potenzialmente autodistruttiva. Senza un minimo di approfondimento, dimenticandosi dei toni di grigio (la ragazza che cerca di salvare i bambini non vale, sarebbe troppo comoda). Dando all’insieme uno spessore un po’ più importante non si sarebbe andati a inficiare certo la potenza della tesi. Anzi, si sarebbero costruite una serie di sovrastrutture indispensabili per rendere la complessità umana di certe tematiche. Con conseguente aumento di dramma e carica empatica.


Ma così si sarebbe sicuramente stravolta l’identità di un film che vuole essere prima di tutto aggressione. E in effetti Red State è violento, nervoso e privo di sconti. Con un sacco di cristiani vogliosi di spaccare qualche testa. Gente che non si ferma mica con una semplice stretta puzzona (neanche se la fa Jason Lee).

3 commenti:

Slum King ha detto...

Kevin Smith è un po' come Uwe Boll. Riesce a tirare fuori il meglio solo quando è senza budget.
Non possiamo farci niente, a certa gente il budget fa male.

MA! ha detto...

Speriamo che l'abbia capito anche lui.

Slum King ha detto...

In un'intervista diceva che dopo questo film si voleva ritirare dalla regia per scrivere fumetti e libri.
Speriamo non faccia stronzate!