Prima o poi doveva succedere. Era fin troppo sospetto che nessuno avesse mai pensato di dedicare una serie al Comico, forse il personaggio più carismatico e affascinante di Watchmen. Per fortuna ci ha pensato il veterano Joe Casey, partendo da un trito meltin pot di suggestioni (e non ci si riferisce al capolavoro di Moore) ma rischiando (per il nostro sollazzo di lettori smaliziati) di arrivare in territori non sospetti.
A livello superficiale Butcher Baker potrebbe essere definita semplicemente come “comic booky” (aggettivo tanto stupido quanto funzionale coniato da un giornalista statunitense per definire il Super Dinosaur di Kirkman e Howard), grazie alle incredibili tavole di Mike Huddleston (di cui andrò a parlare più avanti) e a una sceneggiatura che preme sull’acceleratore fin dalla prima tavola. Bizzarrie, volgarità, personaggi fuori di testa e un sacco di azione. Nei primi 7 numeri di questa serie non c’è un attimo di pausa, tutto viene sparato in faccia al lettore senza lasciargli il tempo di respirare. Nel giro di un pugno di pagine abbiamo già conosciuto il protagonista, una sorta di ex-Capitan America/Comico oggi dedito a ogni sorta di vizio (con una predilezione per il sesso di gruppo), e siamo in viaggio a tutta velocità sul suo folkloristico mezzo di locomozione. Per la cronaca: una motrice da autotreno a cabina arretrata decorata con stelle e strisce. La destinazione è la classica ultima-missione-prima-della-pensione-dorata. Naturalmente non tutto va per il meglio e i casini, in questo caso rappresentati da Jihad Jones, L’Assoluto e la loro strampalata cricca di supercriminali, non tardano ad arrivare. Fino a questo punto sembrerebbe di trovarsi di fronte all’ennesimo polpettone postmoderno dove più roba ci metti meglio è, salvato solo dall’indubbio mestiere di Casey nel costruire dialoghi fulminanti e cliffhanger a pioggia. Eppure tra le righe emerge qualcosa di più, come se Butcher Baker fosse un personaggio che interpreta a sua volta un personaggio. Se a tratti la sua è una figura Millariana, contraddistinta dal più scontato cinismo bidimensionale, sporadicamente si incappa in passaggi carichi di amarezza e stanchezza. Di nostalgia, verrebbe da dire. Il culmine si ha quando, successivamente all’abbattimento di una colorita criminale, il Nostro rimugina sul fatto che anche dopo tanti anni di scontri non avesse mai saputo il vero nome della sua giovane antagonista. Un pensiero che lo colpisce mentre ne tiene delicatamente in braccio il cadavere. Butcher Baker si tratteggia più volte come il vero eroe americano, ma non esita a fuggire in una sorta di villaggio turistico per ex supereroi appena le cose si mettono male (senza smettere di pensare però ai guai lasciatisi alle spalle). Da una superficie semplicemente divertente, e riuscire a rendere divertente l’ennesimo post-pulp nel 2011 è già un bel risultato, pare destinato a emergere un substrato ben più profondo e importante. Vedremo nei prossimi numeri. Anche perché, dalle stesse parole di Butcher Baker, i supereroi hanno sempre un disegno più vasto.
Passiamo a Mike Huddleston. Cercherò di essere diretto: pensate a un Genndy Tartakovsky che cerca di imitare Bill Sienkiewicz. Nella stessa pagina riescono a convivere matite grezze, passaggi pittorici, chine durissime e soluzioni digitali. Tutto declinato a un’estetica spigolosa e super deformed. Siamo dalle parti dell’estetizzazione estrema, spesso e volentieri slegata dallo story telling, con tutti i pro e i contro di questa scelta. Se alcune tavole risultano confuse e troppo autoindulgenti nell’affiancare in modo gratuito stilemi di mondi lontanissimi, nella gran parte dei casi il risultato è strepitoso. Fresco, ipercinetico, aggressivo e stimolante. Non si potrebbe chiedere di meglio (anzi sì, un pò più d’impegno nelle cover. Drammaticamente più povere delle tavole interne). Mike è il classico disegnatore di cui compreresti qualsiasi cosa solo per poterti riempire gli occhi della sua arte.
In conclusione Butcher Baker, The Righteous Maker è per ora un’ottima serie, scanzonata e frizzante quanto basta per preferirla a tanta paccottiglia in calzamaglia, su cui si staglia l’ombra di una sovrastruttura più tetra e complessa. Speriamo che i due demiurghi Casey e Huddleston decidano presto di mostrarcela.
5 commenti:
anch'io la sto seguendo, mi mancano i primi 2 o 3 numeri ma provvederò...casy spacca di brutto l'hai leto il suo automatic kafka con ashley wood?
Casey è probabilmente uno degli sceneggiatori più sottovalutati degli ultimi 10 anni. Uno che ha sempre cercato di inventare piuttosto di fare il compitino, anche a costo di prendere delle cantonate (perché a differenza dei big, non è un genio).
The Intimates, ad esempio, era bellissimissima.
Vero, Casey cerca sempre di fare qualcosa in più nonostante non andrà mai a far parte del gotha. Mi ricorda Remender, un'altro scrittore ben cosciente di essere ad anni luce dalla concezione di autore. Eppure la marcia in più cerca di metterla ovunque (tipo l'ultima X-Force).I titoli che mi segnalate li recupero il prima possibile. Grazie mille!
concordo su casey...da rivalutare assolutamente.. lui e ashley wood su automatic kafka sono spettacolari..
son curiosissimo di leggere qusta sua ultima fatica!
io di Joe Casey stra-consiglio The Milkman Murders della Dark Horse... uno dei pochi fumetti horror che ho trovato davvero disturbante.
ro-mario
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