Prendo spunto dal recente teaser di Outrage per poter parlare di una delle ultime comparsate a opera del folle Beat Takeshi: The Monster X Strikes Back: Attack the G8 Summit. Primo kaiju eiga a essere ammesso in concorso al Festival del Cinema di Venezia (grandioso Muller, come sempre), ennesima sortita nel genere mostri di lattice da parte del sempre più cult Minoru Kawasaki (Kalamari Wrestler ed Everyone But Japan Sinks nel suo carniere), oltre che opera genuinamente bizzarra e ferocemente no global.
Monster X parte da un immaginario innocente per colpire bassissimo, tralasciando eccessi grafici a favore di un’ironia che non lascia scampo. La trama è presto detta: durante il G8 un mostro extraterrestre attacca l’isola di Hokkaido, sede del summit. Dopo aver incolpato la Cina del fattaccio, e aver verificato che Guilala non potrebbe comunque lasciare l’isola, i leader mondiali (guidati da quello statunitense) decidono di eliminare la minaccia seduta stante. Tanto per dare una dimostrazione di forza al basso popolino. Con un pretesto simile tirare fuori il peggio di sé è quasi un obbligo, andando dalle iniezioni al Polonio suggerite dal premier sovietico alla camera a gas allestita dalla rappresentante tedesca. Senza bisogno di dirlo tutti i tentativi finiscono con un buco nell’acqua, facendo apparire i grandi 8 come incompetenti capaci solo di urlarsi addosso.
Fortunatamente l’isola è anche sede di un piccolo culto locale, costruito attorno alla bizzarra divinità di Take-Majin (che ha il volto e la voce di Takeshi Kitano). Sarà proprio la gente comune a trovare la forza di risvegliare il guardiano del Lago Toya. Segue scena di lotta in puro stile tokusatsu, comparsata a sorpresa di uno dei presunti nemici del mondo civilizzato e lieto fine. Prima dei titoli di coda un’ultima sferzata al cianuro: mentre i popolani ringraziano con ossequio il loro salvatore, i leader mondiali non perdono l’occasione di prendersi il merito e di pensare a come rilassarsi dopo la situazione d’emergenza.
Sebbene The Monster X Strikes Back: Attack the G8 Summit sia un film minuscolo, dalla fotografia televisiva alle musiche realizzate con un Commodore 64, la quantità di idee e carne al fuoco fa soprassedere su tutti i difetti della pellicola di Kawasaki, ormai autore dotato di una propria poetica inconfondibile e ben definita. E già basterebbe questo per rendere destabilizzante questa perla. Come Muller aveva già intuito a suo tempo, il concetto di autorialità si sta ormai aprendo a ventaglio, permettendo di andare aldilà di una certa cecità da salotto buono. Il linguaggio utilizzato perde di importanza rispetto a un’idea di cinema coerente e a una visione sul mondo lucida e tagliente. Senza parlare del modus operandi di autoproduzione che Minoru porta avanti dai suoi esordi, testimonianza del fatto che il Nostro gira precisamente quello che vuole girare. Senza pressioni da parte dei Weinstein di turno.
2 commenti:
Questa è una di quelle cose che ti fanno ricordare perchè ami i giapponesi: demenzialità + satira politica. Chi altro ci riuscirebbe?
la trama è da cult istantaneo
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