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Si potrebbe contestare che l'inevitabile storia d’amore puzza di stopposo e mellifluo, ma risulta perfetta all’interno della cornice tessuta da Rhett Reese e Paul Wernick. Dopotutto Emma Stone è più la compagna di liceo che avremmo sempre voluto (anche come quoziente intellettivo) piuttosto che una Charlotte Gainsbourg con cui inscenare mutilazioni genitali (o l’ultima bomba erotizzante da mettere in posa plastica). Tutto è costruito attorno all’idea di leggerezza e di inoffensività, l’unica trasgressione è lo sproloquio (tra l’altro a tratti genuinamente divertente, ma avrebbe potuto raggiungere risultati enormi se messo in mano a un Seth Rogen o allo stesso Kevin Smith) e lo sfondare qualche scaffale di paccottiglia kitsch.
Quello che veramente infastidisce è come ci si concentri su finezze da sorrisino compiaciuto (esempio: prima della catarsi finale tutti rimangono bloccati in una giostra che rappresenta la loro visione della vita) evitando di tappare buchi grossi come una casa, cosa piuttosto fastidiosa considerando lo spessore del film.
Si potrebbe anche dire che Zombieland l’hanno già scritto e girato a HK qualcosa come 12 anni fa (un bel pezzo prima di Wright e Pegg), con tanto di finale da storia del cinema. Eppure non riesco a mettere questi errori veniali davanti a tanti siparietti carichi di leggerezza (tipo il montaggio durante il viaggio in SUV, compresa discussione tra Harrelson e Abigail Breslin circa l’identità di Hanna Montana), alla comparsata del secolo e alle decine di sciocchezzuole registiche disseminate per gli 87 minuti di durata del lavoro di Fleischer. Specchio dei tempi?
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