martedì 29 gennaio 2008

Contra 4: retrofilologia videoludica


Che quello ludico sia un linguaggio che abbia influenzato praticamente tutto l’immaginario collettivo degli ultimi anni è dato di fatto. Che abbia influenzato anche l’arte in senso “alto” è un discorso che in molti ancora si rifiutano di credere (e a questi consiglio vivamente la lettura di “Gamescenes. Art in the Age of Videogames” di Bittanti e Quaranta, edizioni Johan & Levi) ma che presto tutti dovranno ammettere. Da questo punto di partenza era logico che prima o poi si arrivasse a una critica del videogioco e a un suo studio filologico. Se la critica ancora langue e difficilmente viene riconosciuta (casi a parte come il seminale testo “Videogame Art” a opera di Nick Kelman) la ricerca filologia viene portata avanti proprio all’interno del medium e, in questo campo, il piccolo cult “Contra 4” è un capolavoro.


Capolavoro perché una simile precisione nella ricerca linguistica e iconografica non può essere solo il frutto di una mera operazione nostalgica. In C4 tutto è incredibilmente uguale a come si presentava vent’anni fa, ma senza risultare invecchiato di un giorno. C’è l’intro con le figure bidimensionali che si sovrappongono, la musica metal/midi e valanghe di nemici, eppure ci giochi tranquillamente dopo aver sfilato dal tuo fedele DS (rosa, nel mio caso) la cartuccia di Zelda. Questo perché dietro a ogni minimo particolare c’è uno studio esorbitante su cosa rendeva il tale aspetto così tipico, permettendone l’aggiornamento senza la snaturazione del carattere originale. Esempio banale: nella famosa intro le sagome sono ancora 2D, ma incredibilmente definite. C4 è un gioco finto, costruito in laboratorio, dove tutto è al suo posto: c’è il livello nella giungla, il boss elicottero e i power up contrassegnati da lettere sfavillanti. Ma tutto viene portato al parossismo, rendendolo una versione reale dell’idealizzazione che ci siamo fatti di quei shot’em up con cui bruciavamo i pomeriggi. In questo il vero colpo di genio sta nella difficoltà media del gioco, che si pone come target i più duri HC gamers, tanto esagerata da renderlo quasi ingiocabile. E quindi assolutamente perfetto.

L'unica pecca di questa gemma risulta essere frutto del regime politicamente corretto imperante in questi anni: ogni sottesto omosessuale, caratteristica fissa del genere fin dai tempi della mitica mossa in coppia di Double Dragon, è stato eliminato, lasciando spazio solo a uno spassoso machismo di stampo tipicamente reazionario.

4 commenti:

Doner ha detto...

MA COME FAI A VEDERE L'OMOSESSUALITA' IN UN VIDEOGAME DI GUERRA?

E IN DOUBLE DRAGON, DOVE SI LOTTAVA PER PORTARSI A CASA LA RAGAZZA???

MA! ha detto...

Dai, non è un videogame di guerra. E' un videogame dove due palestrati in canottiera difendono il mondo. Se non è gay questo allora non sono gay neppure i sottesti dei film di John Woo.

Doner ha detto...

Sì è vero.
Non è un videogame di guerra.

Ma davvero non capisco perchè dovresti trovare il gay al posto dell'innocente machismo e del supereroismo ubermenchino anni'80.
Ci si può confondere, ma non me la bevo quando si dice che il "tono" gay alla DDragon (che di gay non ha mai avuto niente secondo me) viene censurato, sostituito. Da quale dottrina reazionaria?
In un gioco esagerato fino al demenziale come Contra e gli altri titoli del genere?
A chi interesserebbe eliminare qualsiasi ingrediente da un prodotto così???

MA! ha detto...

Scaricati il MaMe con tutte le ram disponibili. Passa un pomeriggio a rigiocare a tutti gli sparatutto/picchiaduro veramente anni '80/inizio '90. Cerca di leggere tra le righe e vedrai che di materiale frocio ne trovi a tonnellate.