Se One More Day fosse capitato a Daredevil sarebbe stato considerato da un sacco di gente come una benedizione, piuttosto che un crudele giochetto del demonio. Dopo tutto avere la possibilità di dimenticare un padre ucciso dalla malavita, incidenti con sostanze tossiche, un paio di fidanzate morte, mogli impazzite, persecuzioni, crolli psicologici, possessioni demoniache,… non dovrebbe essere poi tanto male. Siamo chiari: nessun personaggio Marvel ha subito tante angherie da parte dei suoi creatori quante ne ha dovute sopportare l’avvocato cieco di Hell’s Kitchen. Una linea guida che ne definisce la gran parte delle run - dagli anni ’80 a oggi - aderente in toto alla caratterizzazione cattolica del Nostro. Tanto da donargli, in più di un’occasione, dei contorni da Cristo urbano. La stessa saga Born Again potrebbe essere stata scritta, visti i punti in comune con Il Cattivo Tenente, da un Abel Ferrara in stato di grazia. Entrambe sono opere dove la religione assume un ruolo centrale e il martirio viene analizzato in una prospettiva inedita e straziante. Partendo da questo presupposto è facile concedersi al gratuito giochino dei paralleli e fare un confronto con la controparte di casa DC del nostro scavezzacollo. Che non è Batman, come in troppi credono, ma il più solare Superman. Un Messia paternalista destinato a rimanere solo – in quanto unico nella sua specie - confinato su di una terra dove può praticamente tutto. A differenza di quello che ci si aspetterebbe una vita per nulla facile, dove le minacce più grandi vengono proprio dal senso di colpa. Che rimane sempre il motivo primo di ogni atto riconducibile a Matt Murdock: un macigno enorme – ma in realtà inesistente – sulla coscienza.
Non è un caso se una delle copertine più famose della serie All Star Superman veda Kal-El sospeso a mezz’aria, con le braccia nella tipica posizione del predicatore. Alle sue spalle il sole, i cui raggi rifranti dal corpo dell’alieno paiono avvolgerlo in una luce divina. Una dichiarazione d’intenti per una serie di storie che definiranno una volta per tutte Superman. Oltre che creare un clamoroso strappo con gran parte di quello proposto dai comics in questi anni (leggi come: finto realismo votato al gioco al ribasso). Il capolavoro firmato Morrison e Quitely parte con il Nostro protagonista consapevole che dovrà morire entro breve tempo (ne viene a conoscenza nel primissimo arco narrativo), eppure la run non sprofonda mai in toni oscuri o apocalittici. Al contrario, è intrisa di un classicismo fatto di sfide enormi, di viaggi al di là di ogni immaginazione, colori luminosi e inquadrature ariose. Oltre che vagonate di umanità. Le stesse, identiche parole che si potrebbero usare per definire il nuovo Daredevil.
Dopo anni di buio ci voleva il veterano Waid per portare un raggio di luce sul mondo oscuro di questo tormentato personaggio. Anche se in più tratti il fido Foggy insinui nel lettore - in maniera per altro estremamente sottile - la presenza di un cono d’ombra tutt’altro che inoffensivo, questa serie è un capolavoro di spensieratezza e positività. A partire dalle sceneggiature incredibili, non per quello che succede ma per la potenza e la cristallinità della narrazione, e passando per un comparto grafico con ben pochi pari in tutta l’industria. Non rimanere sbalorditi di fronte alla doppia splash nelle primissime pagine del numero 9 - la vedete qui sopra - è un’impresa che sarà possibile solo al più cinico. I fratelli Rivera sono una potenza, asciugano l’impossibile e spesso paiono puntare più all’astrazione che alla saturazione della tavola. Senza contare le mille influenze retro in cui imbevono ogni singola vignetta. Aspetto che rende la loro arte letteralmente irresistibile.
Il Messia di rosso vestito pare essere finalmente sfuggito al suo Golgotha senza fine per trascinarci in un universo di trovate narrative, dove ogni pagina riserva una sorpresa. In questo senso la testata in questione è un prodotto assolutamente votato all’onanismo, dove la grammatica del fumetto viene raffinata e rinfrescata per il puro piacere di arrivare a una forma linguaggio che si mangia a colazione qualsiasi megaevento o altra trovata da major possiate immaginarvi. A differenza della serie di Grant Morrison qui il team creativo è concentrato in maniera quasi esclusiva sulla forma, relegando le storie a mero scheletro su cui scatenarsi. Ci sono un sacco di trovate stuzzicanti – Murdock impossibilitato a esercitare in tribunale che diventa consulente, le scappatelle sexy con la Gatta Nera,… - ma la loro freschezza deriva sempre da come ci vengono servite. L’assenza totale di riferimenti post-moderni o metalinguistici poi è la ciliegina sulla torta su di una portata di cui non si sarebbe mai sazi.
Tutto questo se siete avidi lettori alla bulimica ricerca di classe e intelligenza applicate a una purissima espressione di cultura pop. Altrimenti sappiate solo di avere tra le mani un gran, gran, gran fumetto di pagliacci mascherati che svolazzano tra i palazzi di New York. Che dovrebbe già essere abbastanza per invogliarvi alla lettura.