mercoledì 6 luglio 2011

Punk, birre magiche ed editoria canadese: Black Mass di Patrick Kyle




In rete lo si definisce come il miglior fumetto indipendente canadese. Black Mass racconta le bizzarre avventure di Turdswallo Blackteeft nel mondo del punk magico (giuro!), esce fotocopiato in b/n e sfoggia una bella copertina serigrafata. Per il resto è il tipico fumetto disegnato appositamente male, strumento privilegiato dai moderni fanzinari per camuffare un’invidiabile coerenza creativa. Folle la sceneggiatura, assurdi i disegni, inintelligibile il messaggio. Si ride parecchio e si respira a pieni polmoni quell’atmosfera da cialtroni artsy fartsy della prima metà degli anni ’90. Anche gli stessi protagonisti paiono non aver nulla di meglio da fare se non puzzare, bere e partecipare ad annoiati raduni musicali. A tutto questo si innesta una delirante trama fantasy a base di malvagi spiriti alla ricerca di nuovi corpi da occupare, mistici manufatti da recuperare (una bottiglia di birra capace di tramutare chi ne beva il contenuto nel punk perfetto) e un sacco di altra roba fuori contesto (e spesso incomprensibile, viste le tavole). Onestamente il tutto potrebbe risultare ancora più ficcante con qualcuno che limitasse l’autore Patrick Kyle, spesso e volentieri fin troppo sopra le righe.


La realtà è che siamo in pieno territorio Vice-generation (magazine che, guarda caso, nasce proprio in Canada), quindi di un reale miglioramento non frega niente a nessuno. Per quanto Black Mass sia piacevole e divertente, sicuramente valevole dei 5 dollari investiti, siamo lontani dal genuino senso di sfida alle major di un The Adventures of Dr. McNinja. Uno dei pochissimi eredi di quella formidabile generazione nata con la coppia Kevin Eastman\Peter Laird e proseguita con l’avvento di Maestri seminali come Stan Sakai. Non per nulla quello di Chris Hastings è un progetto partito come orgogliosa autoproduzione e ora, alla faccia di tutti i detrattori, esce con il bollino Dark Horse in copertina. Mentre l’autore sceneggia per Marvel (su Deadpool).


Quello di Black Mass invece è un underground che si crogiola nel suo status quo, senza antagonismo ma senza neppure puntare al mainstream. Lo si potrebbe quasi definire un genere a sé, criticabile quanto si vuole eppure dotato di una fisionomia e di un’identità inconfondibili e ben ratificate. Una trasparenza di carattere. Non la fanzina grindcore indonesiana additata come rip-off per aver piazzato 11 copie, e neanche l’autoproduzione snob che (zitta zitta) punta alla ribalta dei salotti buoni. Proprio come i suoi protagonisti Black Mass veste un ruolo di ribelle senza fare nulla per meritarselo. E senza porsi, per questo, nessun tipo di problema.

1 commento:

The Passenger ha detto...

English translation on the Passenger Press blog ....Thanx dude!