venerdì 4 marzo 2011

The (inner) Shield: Powers di Bendis e Oeming (2000-...)



La più grande forza di Powers è il saper evitare categoricamente ogni tono di grigio senza mai, e qui sta il difficile, finire nella provocazione gratuita. Agli albori del millennio Bendis e Oeming si presentavano al pubblico con l’ennesima serie supereroistica improntata sul realismo, per di più ambientata in un distretto di polizia. Gli ingredienti per la solita rincorsa alla risata nera e crassa c’erano tutti, le possibilità che si ottenesse qualcosa di realmente nuovo ridotte al lumicino. Oggi, a pochissimo dalla pubblicazione del quarto volume deluxe statunitense (enormi, lussuosi, supere conomici se presi su Amazon) e ad ancora meno dal tredicesimo tpb regolare, possiamo dirci del tutto smentiti.


Se la partenza, con lo story-arc di Retro Girl, era ottima ma senza particolari slanci (eravamo ancora dalle parti di un Watchmen + N.Y.P.D.) con il passare delle stagioni siamo arrivati a qualcosa di unico. Prima di tutto la profondità dei personaggi. Dai due protagonisti fino all’ultimo dei comprimari non esiste caratterizzazione stereotipata. Alle loro prime apparizioni Deena Pilgrim e Christian Walker erano chiusi, incapaci di comunicare e mascherati dietro a una corazza di autorità. Caso dopo caso ci si presentano sempre più come persone fragili e insicure, deluse dalla vita e da se stessi (nel caso della giovane recluta). Tra chi cerca di sfuggire dagli abissi a cui sembra destinato (il quarto volume hc si conclude proprio con il tentativo di suicidio di Deena) e chi invece non riesce a voltare le spalle alle sue vocazioni più alte (Walker che si investe del ruolo di difensore cosmico della Terra) finiremo per incontrare un’umanità impossibile da dividere tra vittime e carnefici. Il tratto più comune è la debolezza, aspetto umanissimo che troppo spesso gli sceneggiatori dimenticano. Casi cruenti, in alcuni casi ben oltre il limite dello scabroso, non prestano il fianco allo stopposo umorismo nero. Non ci si può non rendere conto che il turpiloquio fiume dei detective in realtà arriva dalle bocche di personaggi di finzione interpretati a loro volta dai non-eroi creati da Bendis. La vera Deena Pilgrim, quella incapace di gestire ogni rapporto umano, si veste della Deena Pilgrim cazzuta, tutta battute e smargiassate. Ci si sceglie un’armatura per non essere trascinati dalle brutture della vita.


Nell’universo di Powers il nero può essere spaventosamente privo di luce. Proprio in relazione a questo i lunghissimi monologhi che lo caratterizzano hanno un sapore ancora più amaro. Mai teatrali, eccessivi o sgomitanti per il cool a tutti i costi (nei limiti della narrazione di genere). Ci riportano sulla Terra facendoci sentire le voci delle persone cadute in quella voragine di buio, dando all’insieme un senso di realismo che nessuna Authority (o Ultimates) è mai riuscita a raggiungere.


Anche a livello di linguaggio la serie si pone come totalmente aliena al resto della produzione da major statunitense. Un numero può essere composto unicamente da vignette statiche e dialoghi a non finire. Poi magari ne arriva uno privo del tutto di baloon. Pagine quasi astratte nel loro minimalismo convivono accanto a doppie splash page capaci di mozzare il fiato per potenza e ricchezza. Si percepisce una libertà di espressione quasi senza pari, eppure lo spettro del giochino intellettuale da saputelli del medium è lontanissimo. Tutto è costruito sullo spettro emozionale del lettore. Ancora una volta gli eccessi perdono la loro potenza iconoclasta e acquistano di significato e calore. Nonostante i picchi di spettacolarità siano tantissimi e tutti (TUTTI) efficaci, si finisce per dare più importanza alle lunghe sessioni in centrale, alle chiacchierate in macchina o alle serate solitarie negli appartamenti di Deena e Christian.


Il fatto che Oeming sia alle matite fin dal primo numero è uno degli ingredienti principali dell’empatia provata verso i personaggi. Come succedeva in Daredevil la serialità a lunghissima gittata e la permanenza dello stesso disegnatore sono due degli ingredienti prediletti da Bendis. Uno dei pochi scrittori che vive al 100% i suoi personaggi (quelli che gli interessano) e a cui riesce a dare voce in maniera del tutto naturale. Logico che una persona la si debba frequentare per moltissimo tempo (senza che questa cambi faccia ogni mese) prima di conoscerla intimamente. E se poi ti affezioni succede che delle scene splatter, della volgarità dei dialoghi e dei pugni allo stomaco finisci per non saperne che fare.

2 commenti:

Officina Infernale ha detto...

questa e' una serie a cui ho girato attorno parecchio ma non mi ha mai convinto nel comprarla...

MA! ha detto...

Vale anche solo per le tavole di Oeming. Alcuni passaggi sono veramente fuori dalla grazia di Dio.