Che Jonathan Hickman non manchi di ambizione è cosa nota. Arriva dal nulla e ribalta i Fantastici Quattro come un calzino, torna in Image da vincitore e prova a giocarsi la carta della saga spazio-temporale con Red Wing (bellissima ma troppo, troppo, troppo compressa). Continuando, nel frattempo, ad allargare la sua influenza presso la Casa delle Idee fino al punto di diventarne uno dei principali architetti. Un bottino che accontenterebbe un sacco di gente, ma evidentemente non ancora abbastanza ricco per il Nostro. Nulla di meglio per il proprio ego insaziabile di lanciare quindi ben due serie personali per la casa editrice più in forma del mercato statunitense: The Secret – di cui non so nulla se non che si presenta benissimo grazie a una serie di cover davvero suggestive – e il folle The Manhattan Projects (e anche qui la grafica di copertina è qualcosa di meraviglioso e suicida allo stesso tempo - vedi sopra).
Se dovessi tracciare un parallelo con qualcosa che ho già letto la risposta più ovvia sarebbe Ballard. Vuoi per l’amoralità insita nelle pagine dei primi tre numeri di questo fumetto (tra l’altro esauriti e già in ristampa), vuoi per la pratica sempre rischiosa di sfruttare personaggi reali in un contesto ben al di sopra delle righe. Non parlo di atrocità alla Abraham Lincoln Vampire Hunter o Barack the Barbarian, ma di un Robert Vaughan che ha come sogno erotico definitivo l’atto di schiantarsi a folle velocità contro Elisabeth Taylor (aiutato, sulle pagine di Crash, dallo stesso James Ballard autore e contemporaneamente personaggio di finzione). Da una parte abbiamo spazzatura priva di senso, dall’altra una soluzione narrativa piuttosto disturbante. E delicata, visto che l’unheimliche di Freud non è materia proprio stabile e di facile manipolazione (il rischio di sconfinare nel famigerato artsy-fartsy è sempre dietro l’angolo).
The Manhattan Projects si basa su un’idea tanto scontata quanto inquietante. E se l’infame team che ci ha portato la bomba atomica avesse lavorato anche ad altre armi di distruzione di massa? Nonostante Hickman si ostini a definire questa sua nuova serie come “divertente” sono ben pochi (nessuno) i momenti genuinamente spensierati che si vanno a incontrare tra le sue pagine. Tra un ordigno nucleare sganciato solo per non chiudere il laboratorio (e non parlo di una bomba immaginaria con morti immaginari, parlo proprio di Enola Gay e Little Boy), un Einstein temuto come il peggior supercriminale e un Enrico Fermi privo di umanità, di roba “divertente” ne vedo ben poca.
Piuttosto userei il termine “sottilmente sgradevole”, con le invenzioni dello sceneggiatore rese ancora più incisive dalle matite di Nick Pitarra. Uno che pare uscito da qualche casa editrice underground anni ’80 (sarebbe fichissimo vederlo all’opera sulle Tartarughe Ninja). Il suo tratto tremolante e l’amore per le anatomie sgraziate vanno a braccetto con tavole farcite di particolari e soluzioni spettacolari (dovreste vedere come rendeva i viaggi nel tempo su Red Wing). Una sintesi perfetta di quanto serve a una serie per porsi in equilibrio su quella sottile linea che divide mainstream e mercato indipendente.
Il risultato finale per ora è molto più che soddisfacente e la voglia di leggersi il primo story-arc in trade paperback è tanta. Hickman si conferma intelligente e smaliziato quanto basta per far rizzare le antenne a tutti. Qui cerca di arricchire il suo consueto iperclassicismo con qualche trovata di montaggio un po’ fuori asse, ma da qui a dire che anche la forma segua la freschezza dei contenuti ce ne vorrà ancora molto (non che voglia dire molto, a dirla tutta. Il Saga di Vaughan & Fiona Staples continua a migliorare - incredibilmente - nonostante sia raccontato nel modo più tradizionale possibile). Per ora perfetto così, in trepidante attesa del prossimo numero.
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