Forse dovrei incominciare a interessarmi di più ai lavori della PictureBox. A partire dal pluri-rimandato acquisto del fantasy Powr Mastr (ultimamente questo tipo di fantasy tremolante pare sia sulla bocca di tutti, vedi le recensioni entusiastiche - e meritatissime – per il Danger Country di Levon Jihanian) fino a 1-800 Mice di Matthew Thurber. Tomo di cui ultimamente parla un sacco di gente in maniera oltremodo positiva (vedi quest'ottima intervista, anche se un po’ spocchiosetta da parte del fumettista, sulle pagine di Vice).
Il volume non l’ho ancora acquistato, però mi sono letto Infomaniacs - la striscia settimanale che Matthew pubblica sul suo sito. E, senza mezzi termini, ho scoperto uno dei migliori web comics in cui mi sia capitato di incappare in tempi recenti. Riducendolo ai minimi termini potremmo dire che le bizzarre vicende imbastite puntata dopo puntata si presentano come l’ennesima satira velenosa della società moderna e - sopratutto - della nostra percezione di essa. A differenza di un sacco di altre proposte del genere però non abbiamo a che fare con vignette statiche e auto compiaciute, ma con una vicenda più tangente al thriller complottistico (con ampie cessioni al surreale puro). Quindi un sacco di personaggi, una narrazione contorta e una svolgimento che dovrebbe portare, prima o poi, da qualche parte.
La scrittura è sghemba e meravigliosamente traballante, esattamente come il tratto dell'autore statunitense. Il vero valore aggiunto lo si trova però nell’umorismo profuso in ogni tavola: coltissimo, mai banale, lontanissimo dalla concezione di battuta fulminante o di gag “a scadenza”. L’ironia è diffusa in maniera omogenea in ogni aspetto di questo fumetto, dalla costruzione dei personaggi al montaggio. Sembrerà una banalità, ma in questo modo si evita ogni effetto piacioneria. Che è poi il principale motivo per cui il sottoscritto si tiene alla larga da un sacco di web umorismo. Escludo da questa affermazione il sempre stupefacente Dr. McNinja, naturalmente.
In Infomaniacs si parla della lotta tra mondo reale e mondo virtuale, di come stiamo perdendo la capacità di scindere la profondità del mondo vero dalla bidimensionalità dei nostri monitor. Detto così parrebbe di una banalità disarmante, con in più l’aggiunta del solito paternalismo fastidioso. Poi leggi qualche puntata e ti ricredi. Tra luddisti moderni in gilet di jeans (con tanto di scritta Marshall McLuhan ricamata sulle spalle), strane sette agresti per la disintossicazione da social network, agenzie governative in cui militano animali antropomorfi, biblioteche di tweet e un sacco di altre trovate bizzarre c’è parecchia roba con cui divertirsi. Sia leggendola che, come traspare in ogni singolo episodio, scrivendola.
Che piaccia o meno Matthew Thurber è l'ennesima dimostrazione che la produzione indie statunitense vive un momento d'oro. La forza cinetica di questa nuova e frastagliata scena è tale da permettergli di flirtare apertamente con il genere più puro (vedi Benjamin Marra, di cui ho già parlato su queste pagine), mantenendo comunque uno spessore autoriale di primissimo piano. E finalmente pare accorgersene anche qualcuno dalle nostre parti, vedi il nuovo volume di Johnny Ryan edito dalla milanese The Milan Review.
Che piaccia o meno Matthew Thurber è l'ennesima dimostrazione che la produzione indie statunitense vive un momento d'oro. La forza cinetica di questa nuova e frastagliata scena è tale da permettergli di flirtare apertamente con il genere più puro (vedi Benjamin Marra, di cui ho già parlato su queste pagine), mantenendo comunque uno spessore autoriale di primissimo piano. E finalmente pare accorgersene anche qualcuno dalle nostre parti, vedi il nuovo volume di Johnny Ryan edito dalla milanese The Milan Review.
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