Da qualche settimana l’autore Goichi Suda (aka Suda51) ha reso pubblici i primissimi screenshot del suo nuovo lavoro: Lollipop Chainsaw. Per la precisione si tratta di alcune sequenze che ritraggono una splendida cheerleader, dotata di motosega e testa mozzata legata in vita, combattere furiosamente contro orde di zombie. A sostituire laghi di sangue una serie di cuori rosa shocking. Figurarsi cosa possa essere successo nel mondo nerd come conseguenza a una tale visione. Tra le reazioni, sia di esaltazione che di stanchezza nei confronti di un certo tipo di estetica, un unico termine ha accumunato entrambe le fazioni: trashata. Guarda caso associato, nella maggior parte dei casi, alle recenti produzioni Sushi Typhoon. Esatto, quei mentecatti dietro a, tra i tanti esempi possibili, Machine Girl, Tokyo Gore Police e RoboGeisha. Esattamente il genere di film amato e ricercato da chi il cinema giapponese (soprattutto exploitation) non ha la minima idea di cosa sia (permettetemi di essere snob, ma sono robaccia veramente atroce).
Per il videogiocatore medio il punctum di quelle immagini non è la possibilità un gioco potenzialmente non violento (esattamente come lo è uno Zelda qualsiasi, dove i nemici sono sì da abbattere ma questo non porta a nessun tipo di glorificazione grafica della violenza) in uno scenario che pare offrire solo geyser di sangue e fps per adolescenti asociali, ma il fatto che un’accozzaglia di elementi apparentemente priva di logica faccia scadere il tutto nel grande (e più o meno eccitante) cassonetto del trash. Questo perché oggi come oggi, in un deserto culturale dove l’ironia del So Bad, It's Good non sembra ancora morta e sepolta, il termine in questione serve per indicare informi e innocui pastoni dove solo l’eccesso sanguinolento e clownesco viene premiato. Eccoci quindi alle prese con un altro caso di de-potenziamento semantico. Esattamente come successe con il pulp, che passò dall’indicare racconti fortemente conservatori contraddistinti da una continua spinta verso l’immoralità (risultando così doppiamente offensivi) a etichetta per sterili giochini metalinguistico. Per capire cosa significhi realmente trash si deve fare un salto nel passato, fino al 1972. Un 26enne John Waters consegna ai posteri quello che è ancora oggi il miglior esempio di buon cattivo gusto possibile. Si parla naturalmente di Pink Flamingos, lungometraggio noto a tutti soprattutto per l’oltraggiosa scena conclusiva in cui il protagonista Divine (un travestito di oltre un quintale) mangia merda di cane (senza stacchi di montaggio dalla defecazione all’ ingoio). Ma è l’intero film a essere un continuo ottovolante di trovate disgustose, dall’ obesa ritardata che si nutre solo di uova al tizio che durante l’amplesso cerca di inserire nella vagina della partner una gallina (viva!). Passando per ani aperti, vomito, feci e fellatio omoincestuose. Tutto naturalmente ripreso in piena luce. Un film per pochissimi, quindi? Assolutamente no. Dopotutto se John Waters ora è chiamato per allestire sue personali al MOMA di New York un motivo c’è. Il papa del cattivo gusto, l’uomo che considerava uno spettatore vomitante come una standing ovation, ha sempre avuto un senso dell’umorismo irresistibile. E i suoi Fenicotteri Rosa non fanno eccezione. Eccessivo, oltre ogni limite, esagerato. Eppure sguaiatamente divertente. Cosa che Yoshihiro Nishimura non riuscirà mai a essere. Nonostante i suoi arti di lattice, i litri di sangue e tutta la sarabanda di effetti speciali.
Ecco qual’ è il vero significato di trash. Scioccare con bassezze oltraggiose, risultando comunque (e soprattutto) spassoso e liberatorio. E oggi più che mai oltraggio fa rima con sesso, non con violenza (soprattutto nella sfera adulta, per i più giovani penso che lo stesso termine oltraggio non abbia più senso), declassando tutta la produzione di cui si parlava prima come semplice paccottiglia frigida e complessata.
Quindi i prodotti Sushi Typhoon sono trash? No. Lollipop Chainsaw è (per quello visto fino a ora) trash? Forse, ma non nella maniera in cui l’utente medio se lo aspetta. Il mondo del videogioco sarebbe pronto per un prodotto inscrivibile in questa particolare categoria estetica, da sempre tangente a una sfaccettatura del cattivo gusto politicizzata come il camp? No. Si parla di un pubblico (per la precisione della più grande platea offerta oggi come oggi al mercato dell’intrattenimento) che non riesce a rinunciare all’aggressività (la famosa scelta di Suda dei cuori rosa è infatti già criticata, ancora prima di vedere il videogioco completato), figuriamoci se riesce a concepire il frantumare i limiti del mostrabile come gioiosa liberazione e non come risposta a pruriti adolescenziali.
Per un approfondimento di questo punto non posso non consigliare l’ascolto del podcast n.23 a opera dei ragazzi di ArsLudica, lucidi e intelligenti sull’argomento come pochi sanno essere. Buon ascolto.
2 commenti:
Applausi... e corro a recuperare Pink Flamingos!
Vai tranquillo, vedrai che non te ne penti. E' un pilastro dell'oltraggio, un'opera estremamente intelligente nonostante faccia di tutto per apparire il più idiota possibile.
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