Pare che Upstream Color, il nuovo film di Shane Carruth, stia piacendo parecchio. A tutte quelle quattro persone che avevano adorato l'esordio Primer. Filmetto dal budget inesistente (ma dal valore innegabile) che qualche anima pia ha pensato bene di caricare su Youtube, con tanto di sottotitoli in italiano. Logico quindi prendere la palla al balzo per spendere due parole su questo gioiello del cinema di fantascienza.
Primer parla di viaggi nel tempo come mai nessuno prima era riuscito a fare: in maniera plausibile, aderendo tanto alla realtà da risultare quasi noioso. Ritmo narcolettico e complicazioni in sceneggiatura a non finire. Ve lo posso assicurare: a circa venti minuti dalla fine del film incomincerete a perdere il bandolo della matassa (Wikipedia segnala qualcosa come nove linee temporali sovrapposte) in maniera talmente clamorosa da lasciarvi spiazzati. Sempre che non l’abbiate smarrito prima, durante una delle lunghissime discussioni tra i due protagonisti. Cinema nerd nel senso più puro del termine. Non ci sono spazi per citazioni o riferimenti, ma solo complicate procedure ripetute con fare ossessivo per non inclinare la simmetria spaziotemporale. Zero camerette piene di fumetti. Solo la desolazione di un ditta di informatica con sede ad Austin. Neon, corridoi vuoti, camicie bianche e cravatte scadenti.
La trama è presto riassunta: due ingegneri cercano in ogni modo di svoltare brevettando ogni cosa gli passi per la testa. A forza di tentativi scoprono, per puro caso, di poter manipolare il tempo. Naturalmente il viaggio non ha nulla a che fare con i soliti cliché del genere. Nessuna lacerazione nello spazio-tempo o persone che compaiono o scompaiono nel nulla. Qui abbiamo due grosse scatole dove aspettare per lunghe ore, con il terrore che qualcosa possa andare storto.
La prima idea dei due protagonisti è - naturalmente - quella di farci più soldi possibile (giocando in borsa sfruttando barbatrucchi incomprensibili a chi, come me, di certe cose non capisce nulla). Ben presto, in maniera abbastanza scontata, istinti più bassi prenderanno il sopravvento. Da qui l’inizio della fine e tutto il successivo ingarbugliarsi degli eventi.
Primer è freddo, lento, ostile e incomprensibile. Uno stile che raramente si è visto applicato al cinema di genere. Eppure funziona alla grande, forse perché aiuta a realizzare come certa narrazione sia sempre e comunque finta nonostante le mille premesse di realismo. Lo squallore della vita di due ingegneri è reso alla perfezione, tra ore e ore in ufficio e altrettanto tempo passato in garage a lavorare sui progetti personali. Diciamo che non si fa fatica a capire il perché di molte delle loro azioni.
Se pensate che Looper sia un ottimo film sull'argomento armatevi di pazienza (e taccuino per gli appunti) e affrontate questo Primer. Visione non certo certo godibile da tutti ma stimolante per chiunque.
3 commenti:
gia in dwld...
spettacolo. l'ho segnalato a tutti gli amici ingegneri che mi ritrovo, metti che...
Anche se arrivare in fondo a tratti è una sofferenza rimane un gran film. Anche se qualche tratto ancora mi sfugge.
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