martedì 8 gennaio 2013

Demonstrating My Style: Mark of the Ninja



Grazie ai sempre graditi sconti di Steam sono finalmente riuscito a recuperare qualche perla videoludica persa durante l’anno. Naturalmente la mia attenzione è stata catturata più dalla presunta scena indie (presunta perché del romanticismo da titolo sviluppato in 3 persone è rimasto pochissimo) che dell’ennesima produzione tripla A uguale a tutte le altre. Risulta quindi piuttosto ironico come il titolo di cui voglio parlare – Mark of the Ninja- voglia (e riesca) a confrontarsi senza problemi – per stile di gioco e aggressività - con questi colossi da decine di milioni di dollari (sapete quanto è costato Max Payne 3? 95 milioni di dollari. Facevano prima a farci il film, e magari ci perdevano meno). 

Mark of the Ninja non ha la carica lisergica di un Hotline Miami, l’amore nostalgico e incondizionato per i vecchi tempi di Retro City Rampage e neppure l’atmosfera sognante di un Sword & Sworcery EP. Anzi, si pone proprio all’antitesi del piccolo capolavoro di Superbrothers.

S&S è un gioco che punta talmente tanto sul suo lato artistico da riuscire a mettere in vendita la colonna sonora in vinile. Un’avventura grafica dai ritmi sognanti, basata sulla sinergia perfetta di musiche (eccelse) e grafica pixelosa. Il classico titolo per cui si tira in ballo il termine “poesia”, e per una volta in maniera appropriata. A partire dall’ambientazione, una sorta di Hyrule + Terra di Ooo + il giardinetto dietro casa, fino alle meccaniche costantemente anti-spettacolari. Se volete odiarlo chiamatelo videogioco d’arte, se non avete il cuore arido come una pietra pensatelo come una favola interattiva.

Mark of the Ninja invece è puro stile. Arrogantissimo e ignorantissimo stile, asciugato all’estremo. Visto che ultimamente si fanno un sacco di paragoni tra cinema e videogiochi (tirando sempre e comunque in ballo solo blockbuster e noir) per una volta possiamo parla di cinema d’autore (vedi sopra) e genere puro. Quello senza fronzoli. Quello dove la stessa frase scolpita nella roccia te la rivedi mille volte senza mai stancarti. Quello che riusciva a prenderti a calci nel culo per tutti i suoi novanta minuti senza spendere un soldo in più del necessario (leggi come: pochi).

Il gioco dei Klei Entertainment funziona esattamente alla stessa maniera. Ti da quello che chiedi, senza neppure prendersi la briga di impacchettarti il tutto in packaging sfavillanti. Ti mette nei panni di un guerriero letale e silenzioso all’interno di livelli studiati per essere rigiocati un sacco di volte. E non per vincere qualche stupido trofeo virtuale, ma per essere un ninja migliore. Nonostante sia un gioco piuttosto difficile si ha voglia di rigiocarlo solo per poter uccidere quella guardia sfruttando una strategia ancora più figa. Ti cali dall’alto, ti nascondo nell’ombra, sbuchi dalle fogne. Spacchi una a una luci terrorizzando i tuoi nemici. Sei un ninja. E per immergerti così tanto nel personaggio non occorrono grafiche stratosferiche, musiche orchestrali o mondi virtuali estesi come una provincia. Basta ricordarsi che il videogame narra attraverso l’azione, non grazie alle cut scene. Come un film scorre bene se la sceneggiatura è un orologio perfettamente adagiato alla superficie che deve raccontare alla stessa maniera nel mondo videoludico deve fare il gameplay. Posso chiamare lo sceneggiatore più in voga a Hollywood a scrivere la mia storia, ma se il gioco avrà meccaniche lontane da quello che deve raccontare sarà tutto inutile. Mark of the Ninja è lo stile con cui lo si gioca. Le emozioni derivano dall’uccisione perfetta, non dall’esplosione scriptata. La narrazione deriva dal gesto perché il medium videoludico deriva dall’azione. 

E in questa prospettiva un gioco asciutto, e a modo suo minimalista, come quello di cui stiamo parlando è perfetto. Basta una grafica 2d, gusto eccelso e classe. Il resto avanza. Una cosa che mi ritrovo dire sempre più spesso in un sacco di campi dell'intrattenimento (grafica 2d esclusa).

5 commenti:

Deimos ha detto...

Su Steam ci sono dei giochi che dire meraviglia è poco. Questo è uno di essi (vivono). Io me lo sono mangiato in un pomeriggio e poi rifatto con calma. Assolutamente consigliato. Ma la cosa pazzesca è che poi la gente, capito, spende 70 Euro per delle minchiate assurde su console con certe gemme in Steam su PC...vai a capire il mercato.

MA! ha detto...

Tipo i terribili sparatutto. Poi non è che tutto l'indie sia oro (per esempio Braid non l'ho digerito molto) ma almeno ci provano a fare qualcosa di nuovo. Anche a livello di meccaniche. Io aspetto con ansia un gioco dove la morte del personaggio sia la chiave per procedere, magari prima di un determinato lasso di tempo. Una sorta di metafora degli eroi caduti, le cui gesta ci possono aiutare fino a quando non vengono dimenticate.

Deimos ha detto...

Come non tutto il commercialozzo o gli FPS tutti fanno cagare...certo, non si deve fare dell'erba uno sfascio. Ci sono sempre le cose che stendimi di smile oppure stendimi di vomito da entrambe le parti e di indie brutti aimè ne hanno realizzati parecchio (concordo su Braid e aggiungo anche Fez oppure Journey che sono di un sopravvalutato che schiaffami a terra e maltrattami mah). Diciamo però che su Steam, sopratutto greenlight, stanno facendo uscire delle chicchette non mali: come anche Miasmata per citarne un'altro a caso.

MA! ha detto...

Fez mi ricorda un sacco certi passaggi 3d/2d dei vari Mario Galaxy. Di più non posso dire perché non essendo console-dotato non lo posso provare. E comunque sì, ci sono anche i titoloni 3A validi. Peccato che si scontrano con un popolo di giocatori imbarazzante. Vedi le critiche al nuovo Dante di DMC.

Anonimo ha detto...

Quali critiche? Onestamente, non mi sono ancora interessato al nuovo DMC, ho solo scaricato la demo sulla mia PS3, ma, per ora, a parte qualche trailer visto mesi fa, non so nulla.