martedì 10 aprile 2012

[Pyunologia pt.9] Vicious Lips di Albert Pyun (US/1986)


Perché la storia (anche quella del cinema) non è fatta solo da chi sta in cima. Anzi, spesso è proprio dal basso che arrivano gli scossoni più interessanti. Basta saperli sentire. Partendo da questo presupposto ho maturato la decisione di recuperare l’opera omnia di uno dei registi più (ingiustamente) vituperati di sempre: Albert Pyun. Parte così Pyunologia, percorso in una poetica da VHS.


Torna, dopo una pausa imposta da motivi di forza maggiore, Pyunologia. E lo fa con uno dei titoli che maggiormente hanno deluso i fan del regista hawaiano. Prima della visione Vicious Lips promette un sacco di roba interessante, fin dalla sua epica locandina. Dopotutto si parla di un film dove un gruppo rock al femminile si schianta su di un pianeta deserto, popolato da mostri di ogni genere. Cosa potrebbe andare storto? Ipotesi ancora più remota se si considera che Albert aveva appena infilato la funambolica doppietta La Spada a Tre LameRadioactive Dreams, dimostrando al mondo come si potessero girare film effettivamente divertenti – sareste disonesti se non lo ammetteste - appoggiandosi a un budget con cui altre produzioni non avrebbero potuto lavorare per più di un giorno. Invece qualcosa va storto e, a fronte di un sacco di buone intenzioni e di ottimi spunti, la pellicola si accartoccia e gira a vuoto per tutti i suoi 80 minuti.



Dopo un avvio da musicarello anni ’80, dove la protagonista passa da dilettante allo sbaraglio a rockstar navigata nell’arco di due montaggi a base di synth e Roland TR-808, si è già spaparanzati sul divano in attesa di quello che dovrebbe venire poi. La quantità di idee improbabili, inside jokes, archetipi compressa in questi primi minuti è tale da lanciare la mente dello spettatore in una versione musical di quel capolavoro che era Slave Girls from Beyond Infinity. Umorismo, cartapesta e una serie di meta-riflessioni sui personaggi femminili all’interno di un immaginario prevalentemente maschile come quello sci-fi. Senza contare che fa la sua prima comparsa anche la prostituta con tre tette resa immortale da Atto di Forza ben quattro anni dopo.



A seguito di un esibizione trionfale ecco che arriva LA telefonata, quella che potrebbe segnare la svolta da band di provincia intergalattica a celebrità senza limiti. Le Nostre partono subito, carichissime e pronte a tutto, ma finiscono nel bel mezzo di una tempesta di meteoriti. La loro astronave viene colpita e sono costrette a un atterraggio di emergenza su di un pianeta desertico. Ecco, il film finisce più o meno qui. Dopo il disastro seguono 40 minuti di nulla dove le ragazze battibeccano e fumano droga, mentre un mostro le osserva dai condotti di aereazione del mezzo ormai fuori uso. Se l’idea era quella di creare un’atmosfera allucinata e claustrofobica, gravata ulteriormente dalla presenza di una minaccia nell’ombra e dalla convivenza forzata di personalità troppo diverse in uno spazio ristretto, siamo veramente fuori strada. A questo desolante teatrino delle occasioni mancate vengono intervallate alcune scenette comiche in cui il manager della Vicious Lips si aggira deambulando per le dune sabbiose del pianeta. Le sequenze si fanno sempre più deliranti fino all’apparizione di due generose fanciulle (poco) vestite di cenci, totalmente ininfluenti allo svolgersi della trama.



Durante tutto il film assistiamo a degli inserti di montaggio al limite del subliminale, con flashback spezzettati in micro sequenze e una serie di misteriose scritte ad apparire in sovraimpressione. Una soluzione che porterà alla triste e scontata svolta finale: era tutta un’allucinazione. In realtà la band è già arrivata al locale ed è pronta a salire sul palco. A questo punto ci infiliamo ancora 6/7 minuti di synth-rock anni ’80 e al minutaggio minimo ci arriviamo tranquilli.



Peccato veramente, soprattutto per chi sperava in una sorta di incrocio tra Barbarella e Star Wars con Joan Jett al posto di Han Solo (che detto così sarebbe il film preferito di un sacco di gente, me compreso).

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