domenica 26 agosto 2012

I libri delle vacanze



Inauguriamo il nuovo anno lavorativo con un piccolo riassunto delle letture vacanziere delle scorse settimane. Poca roba - tra calure insostenibili e il pupo attivo da mattina a sera penso comunque di poter essere abbastanza orgoglioso del mio bottino – con qualche titolo clamoroso per cui vale la pena spendere un pugno di parole:

Il tempo è un bastardo di Jennifer Egan: nel 2012 il Pulitzer per la narrativa non è stato assegnato. “Non è uscito nessun romanzo all’altezza” hanno sentenziato gli inamovibili giudici. Nel 2011 invece il premio se lo è vinto Jennifer Egan. Meritandoselo tutto. Il tempo è un bastardo è un mosaico di storie collegate tra loro dal labile filo della memoria. Al di là di alcuni personaggi più veri del vero colpisce soprattutto la capacità dell’autrice di giocare con le nostre percezioni. Tutti i racconti-capitolo sono disseminati di minuscoli indizi che verranno a galla molto lentamente con il passare delle ore dedicate alla lettura. Così quando sei a pagina 350 carpisci qualcosa che ti ricorda un passaggio sfumato di pagina 16, scatenando una concatenazione di ricordi che è pari a quella dei personaggi del romanzo. Insomma, una bomba. Se siete tra quelli che prima di incominciare un libro voglio sapere almeno uno straccio di trama evitatelo pure, lo sviluppo narrativo non è nulla di che. Solo vite che si incrociano. Come se fosse una cosa da poco.

Voglia di vincere di Tom Bissell: Tom è un fine letterato, un mostro di cultura, un romanziere adorato dalla critica e un videogiocatore allo stadio terminale. Uno che, per sua stessa ammissione, ha giocato a Grand Theft Auto 4 per oltre 30 ore di fila sotto l’effetto di una buona dose di cocaina. Questo suo fantastico lavoro è qualcosa che non avete mai letto prima: parte saggio di critica videoludica (forse la migliore critica videoludica in cui io sia incappato), parte trattato di sociologia e parte racconto autobiografico. Prendete Hunter S. Thompson e sostituite il football con Gears of War, avrete questo Voglia di vincere. Che vi interessi o meno l’argomento almeno un occhio buttateglielo comunque, che di penne così frizzanti e al contempo sinuose ne si trova poche. E poi quante volte avete letto una recensione di uno sparatutto dove si tirano in ballo Conrad e Nabokov?

Retromania di Simon Reynolds: il classico esempio di saggio che acquista valore solo in virtù di chi l’ha scritto, in questo caso il più autorevole critico musicale al mondo. La sua è una tesi discutibile, ma esposta con un tale dispiego di cultura da lasciare a bocca aperta. Riducendo il suo monumentale lavoro (perché di questo si tratta) in parole povere il Nostro sostiene una verità quasi lapalissiana: viviamo in un epoca dominata dal passato perché abbiamo accesso a troppa cultura, passando così da creativi a curatori (basta prendere una qualsiasi opera d’ingegno degli ultimi dieci anni per vederci dentro 3000 riferimenti ad altra roba, come se fossimo in un museo). Secondo Reynolds si produceva musica più fresca – il saggio parla unicamente di dischi, ma non è difficile declinarlo a ogni ambito –quando non si pensava a realizzare per forza di cose il capolavoro, coltissimo e densissimo. Quando, cioè, si suonava e basta. Magari dopo aver ascoltato in tutto 10/20 dischi (che sono quanti ce ne scarichiamo oggi quotidianamente. Senza ascoltarli , naturalmente). Forse aveva ragione Renzo Rosso quando, qualche anno fa, invitava tutti a essere stupidi. Uno slogan frainteso da chiunque, ma che in realtà aveva molto da dire sulla capacità di farci condizionare dall’eccesso di informazioni. Se penso al cinema non trovo un esempio migliore di The Raid: un’opera minuscola, sulla carta una battaglia persa in partenza. Nessuna trama, nessuna citazione, nessun riferimento. Proiettato in poche sale in un periodo dove paiono incassare solo blockbuster da 3 ore. Investirci dei soldi era una cosa da stupidi. Infatti negli Stati Uniti hanno dovuto distribuirlo due volte per accontentare tutti, solo grazie al passaparola. Adesso aspettiamo le devastanti vendite dell’home video (mercato perfetto per un titolo come questo). Grazie Gareth Evans per essere stato incommensurabilmente stupido (a oggi The Raid è il mio film dell'anno, senza ombra di dubbio).

Piccola anticipazione sulle mie attività future: questo testo e il precedente sono stati fondamentali per scrivere un saggio che leggerete nei prossimi mesi. Si dovrebbe intitolare Ho fraggato Andy Warhol e di cosa parla mi pare sia chiaro.

Le cronache del ghiaccio e del fuoco vol. 1-2 di George R. Martin: grazie alla HBO finalmente anche io ho la mia saga fantasy preferita, una roba che invidiavo un sacco ai nerd più convinti. Dopo aver abbandonato a metà Tolkien, aver evitato con cura un sacco di altra roba con dei tizi muscolosi in copertina (Conan escluso), aver deriso per una vita chi giocava a WoW (piuttosto che Magic o qualsiasi roba in cui servono dadi con più di sei facce) anche io adesso mi trovo a gasarmi come un pupo ripensando a spade incrociate e lande attraversate a cavallo. Forse perché, dalle parole di un mio amico ultranerd, “Trono di Spade è fantasy senza il fantasy”. Quindi mi spiego un sacco di robe e posso continuare a fare quello che elencavo qua sopra senza il rischio di sentirmi poco coerente. Comunque sia una grande scrittura, muscolosa e nervosa (esattamente il contrario della stasi ampollosa e iperdescrittiva che affligge troppi romanzi fantasy), e un sacco di personaggi indimenticabili. Naturalmente il migliore rimane il nano Tyrion, l’antitesi perfetta a tanti eroi criptogay in mutandone di pelo (mettiamo nella lista delle personalità non gradite anche elfi effemminati dalle simpatie politiche sconvenienti).  

Oltre a questo naturalmente c'è stato spazio per qualche cosina minore, un paio di fumetti di cui parlerò presto e le raccolte ultra-pop Tex contro Mefisto. Un bell’antipasto alla mazzata che mi aspetta ora, visto che il prossimo libro sulla colonnina delle letture arretrate è l’infinito L’arcobaleno della Gravità di Thomas Pynchon. In vacanza mi sono divertito, adesso ci si rimette la lavoro.

2 commenti:

Officina Infernale ha detto...

...l'unico di Pynchon che mi è piaciuto è stato Vineland, ne provai altri ma...ci devo riprovare sicuramente...

MA! ha detto...

Anche io sono titubante, però un tentativo lo faccio. Al massimo pianto lì... mica muore qualcuno.