Se mi leggete con un minimo di continuità saprete bene come mi sia sempre lamentato della mancanza di originalità e della violenza forzata delle ultime uscite videoludiche. Eppure questo Hotline Miami, che mi pare incarni alla perfezione entrambi i difetti, mi ha fatto saltare sulla sedia. Più che per il gioco in sè (una versione HC del prima GTA) quanto per il potenziale narrativo e per la direzione artistica (da quel poco che si è visto) assolutamente sopra le righe. Se questo vi pare troppo tendente a Refn e cercate qualcosa di più vicino a Michael Mann (con annessa spolverata di Guy Ritchie dei tempi d'oro) non posso non consigliarvi una delle migliori visioni delle mie scorse settimane: The Trashmaster (clicca sul nome per vedertelo per intero). Un tostissimo lungometraggio di malavita e giustizia sommaria realizzato interamente con il motore grafico di GTA IV. Non è una segnalazione proprio freschissima, ne sono consapevole, ma la potenza e la classe del prodotto (oltre al fatto che è autenticamente rivoluzionario, dimostrando come oggi si possano trovare i mezzi per realizzare qualsiasi cosa. E vedrete cosa succederà quando la gente prenderà confidenza con il Source Filmmaker della Valve) meritano una visione da parte di chiunque sia interessato alle evoluzioni più incontrollate (dall' industria) della cultura pop.
martedì 28 agosto 2012
domenica 26 agosto 2012
I libri delle vacanze
Inauguriamo il nuovo anno lavorativo con un piccolo riassunto delle letture vacanziere delle scorse settimane. Poca roba - tra calure insostenibili e il pupo attivo da mattina a sera penso comunque di poter essere abbastanza orgoglioso del mio bottino – con qualche titolo clamoroso per cui vale la pena spendere un pugno di parole:
Il tempo è un bastardo di Jennifer Egan: nel 2012 il Pulitzer per la narrativa non è stato assegnato. “Non è uscito nessun romanzo all’altezza” hanno sentenziato gli inamovibili giudici. Nel 2011 invece il premio se lo è vinto Jennifer Egan. Meritandoselo tutto. Il tempo è un bastardo è un mosaico di storie collegate tra loro dal labile filo della memoria. Al di là di alcuni personaggi più veri del vero colpisce soprattutto la capacità dell’autrice di giocare con le nostre percezioni. Tutti i racconti-capitolo sono disseminati di minuscoli indizi che verranno a galla molto lentamente con il passare delle ore dedicate alla lettura. Così quando sei a pagina 350 carpisci qualcosa che ti ricorda un passaggio sfumato di pagina 16, scatenando una concatenazione di ricordi che è pari a quella dei personaggi del romanzo. Insomma, una bomba. Se siete tra quelli che prima di incominciare un libro voglio sapere almeno uno straccio di trama evitatelo pure, lo sviluppo narrativo non è nulla di che. Solo vite che si incrociano. Come se fosse una cosa da poco.
Voglia di vincere di Tom Bissell: Tom è un fine letterato, un mostro di cultura, un romanziere adorato dalla critica e un videogiocatore allo stadio terminale. Uno che, per sua stessa ammissione, ha giocato a Grand Theft Auto 4 per oltre 30 ore di fila sotto l’effetto di una buona dose di cocaina. Questo suo fantastico lavoro è qualcosa che non avete mai letto prima: parte saggio di critica videoludica (forse la migliore critica videoludica in cui io sia incappato), parte trattato di sociologia e parte racconto autobiografico. Prendete Hunter S. Thompson e sostituite il football con Gears of War, avrete questo Voglia di vincere. Che vi interessi o meno l’argomento almeno un occhio buttateglielo comunque, che di penne così frizzanti e al contempo sinuose ne si trova poche. E poi quante volte avete letto una recensione di uno sparatutto dove si tirano in ballo Conrad e Nabokov?
Retromania di Simon Reynolds: il classico esempio di saggio che acquista valore solo in virtù di chi l’ha scritto, in questo caso il più autorevole critico musicale al mondo. La sua è una tesi discutibile, ma esposta con un tale dispiego di cultura da lasciare a bocca aperta. Riducendo il suo monumentale lavoro (perché di questo si tratta) in parole povere il Nostro sostiene una verità quasi lapalissiana: viviamo in un epoca dominata dal passato perché abbiamo accesso a troppa cultura, passando così da creativi a curatori (basta prendere una qualsiasi opera d’ingegno degli ultimi dieci anni per vederci dentro 3000 riferimenti ad altra roba, come se fossimo in un museo). Secondo Reynolds si produceva musica più fresca – il saggio parla unicamente di dischi, ma non è difficile declinarlo a ogni ambito –quando non si pensava a realizzare per forza di cose il capolavoro, coltissimo e densissimo. Quando, cioè, si suonava e basta. Magari dopo aver ascoltato in tutto 10/20 dischi (che sono quanti ce ne scarichiamo oggi quotidianamente. Senza ascoltarli , naturalmente). Forse aveva ragione Renzo Rosso quando, qualche anno fa, invitava tutti a essere stupidi. Uno slogan frainteso da chiunque, ma che in realtà aveva molto da dire sulla capacità di farci condizionare dall’eccesso di informazioni. Se penso al cinema non trovo un esempio migliore di The Raid: un’opera minuscola, sulla carta una battaglia persa in partenza. Nessuna trama, nessuna citazione, nessun riferimento. Proiettato in poche sale in un periodo dove paiono incassare solo blockbuster da 3 ore. Investirci dei soldi era una cosa da stupidi. Infatti negli Stati Uniti hanno dovuto distribuirlo due volte per accontentare tutti, solo grazie al passaparola. Adesso aspettiamo le devastanti vendite dell’home video (mercato perfetto per un titolo come questo). Grazie Gareth Evans per essere stato incommensurabilmente stupido (a oggi The Raid è il mio film dell'anno, senza ombra di dubbio).
Piccola anticipazione sulle mie attività future: questo testo e il precedente sono stati fondamentali per scrivere un saggio che leggerete nei prossimi mesi. Si dovrebbe intitolare Ho fraggato Andy Warhol e di cosa parla mi pare sia chiaro.
Le cronache del ghiaccio e del fuoco vol. 1-2 di George R. Martin: grazie alla HBO finalmente anche io ho la mia saga fantasy preferita, una roba che invidiavo un sacco ai nerd più convinti. Dopo aver abbandonato a metà Tolkien, aver evitato con cura un sacco di altra roba con dei tizi muscolosi in copertina (Conan escluso), aver deriso per una vita chi giocava a WoW (piuttosto che Magic o qualsiasi roba in cui servono dadi con più di sei facce) anche io adesso mi trovo a gasarmi come un pupo ripensando a spade incrociate e lande attraversate a cavallo. Forse perché, dalle parole di un mio amico ultranerd, “Trono di Spade è fantasy senza il fantasy”. Quindi mi spiego un sacco di robe e posso continuare a fare quello che elencavo qua sopra senza il rischio di sentirmi poco coerente. Comunque sia una grande scrittura, muscolosa e nervosa (esattamente il contrario della stasi ampollosa e iperdescrittiva che affligge troppi romanzi fantasy), e un sacco di personaggi indimenticabili. Naturalmente il migliore rimane il nano Tyrion, l’antitesi perfetta a tanti eroi criptogay in mutandone di pelo (mettiamo nella lista delle personalità non gradite anche elfi effemminati dalle simpatie politiche sconvenienti).
Oltre a questo naturalmente c'è stato spazio per qualche cosina minore, un paio di fumetti di cui parlerò presto e le raccolte ultra-pop Tex contro Mefisto. Un bell’antipasto alla mazzata che mi aspetta ora, visto che il prossimo libro sulla colonnina delle letture arretrate è l’infinito L’arcobaleno della Gravità di Thomas Pynchon. In vacanza mi sono divertito, adesso ci si rimette la lavoro.
domenica 5 agosto 2012
Altro che Tron!
Se non sapete come passare il tempo in questo afoso agosto godetevi Sick!, delirante serie per il web (nata come episodio pilota per la tv) a opera degli australiani Van Vuuren Bros. Partendo da uno spunto decisamente serio (due fratelli si ritrovano in circostanze tragiche) si sviluppa una trama delirante e ricchissima di riferimenti alla cultura pop (che novità!). Per ora mi sono visto le prime tre puntate e posso garantirvi che di carne al fuoco ne abbiamo parecchia. L'idea di rendere il web come una locazione fisica si presta a un sacco di gag surreali, di cui alcune semplicemente geniali (come allontanare i troll dal proprio canale YouTube se non chiamando il fratello campione di World of Warcraft?). Una bomba, tanto figo da non irritare nonostante i mille richiami nerd. Se invece volete qualcosa di più raffinato c'è sempre la nuova trovata di Jerry Seinfeld, oltre la soglia di autoreferenzialità consentita già dal titolo: Comedians in car getting coffee.
In qualunque caso divertitevi. Io stacco la spina per qualche settimana. Ci si legge!
giovedì 2 agosto 2012
[Pyunologia pt.10] Nemesis 2: Nebula di Albert Pyun (US/1995)
Come dissi in fase di recensione il primo film della serie Nemesis era un concentrato di tutto quello che poteva offrire una videoteca all’inizio degli anni ’90. Una bella cover evocativa, con tanto di logo a effetto metallizzato, una trama che sembrava raccogliere tutti gli spunti più gustosi del cinema fantascientifico del lustro precedente, un sacco di azione frenetica e sgangherata. Per quanto ci si possa sforzare di addossare la responsabilità della nostra formazione ai soliti quattro titoli passati alla storia la dura verità viene sempre a galla: spesso e volentieri fu proprio il martello dei prodotti derivativi - come quelli firmati da Pyun - a radicare in noi certe ossessioni. La visione di intere pareti coperte di VHS, piccoli scrigni carichi di aspettative e immaginari da scoperchiare, rimane per il sottoscritto una delle spinte più potenti verso quello che sarebbe arrivato negli anni successivi (e continua, seppur in maniera molto più controllata, anche oggi). Questo senza voler passare per nostalgici a tutti i costi (troppo tardi).
Nonostante tutti i suoi limiti il primo film di questa serie meriterebbe una visione da parte di chiunque abbia un minimo di interesse per il cinema di genere orientato al fantastico (arrivato prima de Il Signore degli Anelli). Con Nebula invece le cose si fanno un po’ più complesse. Quando si deve girare un sequel di un film noto per la sua presunta spettacolarità con un budget di molto inferiore a quello già risicato del primo capitolo non aspettarsi un capolavoro è lecito. Meglio puntare a un sapiente mix di trovate bizzarre e furti ai blockbuster dell’epoca.
Nemesis 2 non è altro che un Terminator ambientato nella savana africana. Con una culturista a fare le veci di John Connor e un Predator da discount a fare quelle del T-1000. Giuro.
Da parte di Pyun c’è un bel coraggio nello scegliere, solo per dare forza alla sceneggiatura, un’attrice protagonista che è all’antitesi dell’idea di femminilità. Anche l’ambientazione sub-sahariana sarebbe potuta essere una buona idea. Peccato che il tutto si limiti a qualche scena in un villaggio desolato durante la prima mezz’ora della pellicola. Da lì in avanti il regista decide di infilare uno dietro l’altro una serie di espedienti geniali per spostare l’estetica del film su coordinate molto più sue. Leggi come: fabbriche abbandonate, gente vestita di stracci, polvere ovunque. Esatto, un post-atomico come mille altri (di cui almeno il 75% riconducibili allo stesso Pyun).
Come al solito l’assoluta povertà dei mezzi annichilisce tutto quello di buono che Albert infila nel suo lavoro. Lo stessa sceneggiatura non è affatto male. La contrapposizione tra lo scontro cinghiale/protagonista nel primo tempo - prova necessaria per essere considerata parte della tribù dove è stata adottata quando era ancora in fasce - e quello con il terribile cybog proveniente dal futuro nel secondo – necessario per essere investita del ruolo di salvatrice dell’umanità – è ottimo. Non ci fossero i buchi di sceneggiatura dati dalla necessità di tagliare ogni snodo narrativo troppo complesso non ci sarebbe da lamentarsi troppo. Anche la figura dell’aiutante dell’eroe è gestita benissimo, con un sacco di ambiguità a dare ritmo (mi raccomando, proporzionate tutto al prodotto in questione. Charlie Kaufman non passa certo da queste parti).
Nemesis 2 è un film che sarebbe ingiusto considerare come sufficiente, eppure rappresenta l’ennesimo tassello dello scombiccherato universo Pyuniano. Fantastico se considerato nel suo insieme, incomprensibile se preso a piccole dosi. A voi la scelta se recuperarlo o meno.mercoledì 1 agosto 2012
Errata corrige
Solo per segnalarvi che il gentile Andrea Gadaldi mi ha fatto notare un errore nel precedente post: i Rivera non sono fratelli, ma padre e figlio. Grazie mille!
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