sabato 18 settembre 2010

La scimmia e il nulla: Exit through the gift shop di Banksy (Uk/2010)




Nonostante tutto non esistono ancora prove certe che Mr. Brainwash sia un personaggio nato dall’abrasiva immaginazione di Banksy. L’unica cosa sicura è che si sta parlando di uno dei peggiori artisti della scena odierna, capace comunque di vendere pezzi d’arte per milioni di dollari a pochi giorni dall’apertura della sua prima (gargantuesca) personale, di raccogliere folle da rockstar e di essere adorato da ricchi & famosi (Madonna gli ha affidato l’artwork della sua ultima raccolta). Che si tratti di una persona vera o di un burattino tra le mani del terrorista di Bristol il fiume di soldi smosso da Thierry Guetta è terribilmente reale. Anche se basato sul nulla.



Banksy capisce come l’arte di far parlare di sè conta ben più del prodotto effettivo e ci costruisce un’opera totale, il cui ultimo passaggio è rappresentato da questo documentario. Exit through the gift shop è una granata alla soda caustica lanciata ad un vernissage (ma anche alla presentazione di un libro, a qualche fiera di settore o in qualsiasi altro tipo di falò delle vanità). Facendosi spalleggiare da una masnada di pesi massimi della street art (da Invader a Buff Monster passando per Ron English, anche se gran parte dello spazio se lo prende un istrionico Shepard Fairey) il neoregista ci racconta l’esilarante salita al potere di un uomo strano e solo, completamente schiavo delle sue psicosi. Da scaltro negoziante di Los Angeles a tycoon (vero) della recente reinaissance di stencil e bombolette spray. Basandosi unicamente sulla capacità di essere al centro dell’attenzione, di fare le cose più in grande degli altri, di stravolgere la verità dei fatti. Il francese prende la sottilmente poco lusinghiera affermazione di Banksy “Mr. Brainwash is a force of nature, he’s a phenomenon. And I don’t mean that in a good way” e la ingigantisce letteralmente, urlandola in faccia al pubblico. Così ne cambia il significato, tirando acqua al suo mulino. Medesimo procedimento per un commento di mr. Fairey.



Una volta inquadrata l’essenza dell’operazione si pensi che la mente dietro a questo progetto è stata capace di far valutare frammenti di muro centinaia di migliaia di sterline, per poi andare a diffondere i suoi stencil a ogni angolo del globo. Padrone di uno stile facilmente riproducibile (nonostante l’eccellenza tecnica del Nostro), falsificabile, privo di significato all’interno di un mercato dell’arte sempre più bulimico. Banksy si immerge nel mercato dell’arte per poi distruggerlo, per farci capire quanto sia assurdo. Se Damien Hirst ci era riuscito percorrendo la strada opposta (rendendo il suo stesso nome un marchio, comprando e rivendendo le sue stesse opere per fargli acquistare valore, vendendo la sua creatività a ogni settore merceologico) la scimmia incappucciata rimane un guerriero senza nome e senza volto. Uno che al cono di luce dei riflettori ha sempre preferito il buio delle strade di periferia, perfette per le sue opere.



Questo suo esordio ne rappresenta la poetica in maniera perfetta. Geniale fin dal titolo, apparentemente rozzo eppure iper stratificato. Incapace di prendersi sul serio mentre assesta colpi spietati sotto la cintura (e limitarsi al solo mercato dell’arte è ingiusto per l’opera in sé, basti solo applicare il paradigma esposto al mondo della politica). Un’ora e mezza di risate a pieni polmoni mentre i neuroni godono come pazzi. Titillati da un qualcuno che potrebbe avere tutto e invece preferisce continuare a nascondersi dietro una maschera da scimmia cerebrolesa. Ogni volto oscurato dai pixel, ogni arresto, ogni fuga ci ricordano come, nonostante tutto, la creatività più eversiva si basi ancora più sull’arrosto che sul fumo.



2 commenti:

michele petrucci ha detto...

il tuo blog è veramente interessante… lo seguirò con attenzione…

MA! ha detto...

Che dire? Grazie mille!